“Lo sguardo dei nuovi artisti è oggettivo e insieme antinaturalistico, spietato e nitido, senza espressionismi, senza soggettivismi e senza sbavature sentimentali”. Con queste parole, Cesare Vivaldi, nel 1963, sintetizzava i principi della “Giovane scuola di Roma”, costituita, tra gli altri, da Franco Angeli, Jannis Kounellis, Mario Schifano e Tano Festa. A quest’ultimo artista è dedicata la mostra, in corso presso lo showroom milanese di Telemarket, che presenta circa trenta suoi lavori, realizzati tra il 1962 e il 1987.
Esortato dallo spostamento del mercato dell’arte da Parigi a New York, avvenuto tra gli anni Sessanta e Settanta, il gruppo del Caffè Rosati di Piazza del Popolo venne influenzato dalle ricerche delle neo-avanguardie americane. Tano Festa – particolarmente suggestionato dall’opera di Willem De Kooning, Jackson Pollock e Mark Rothko – condusse una ricerca che approdò ad uno stile definito più volte come l’equivalente italiano – forse più ideologico e meno commerciale – della Pop Art.
Il 31 ottobre del 1962, l’artista partecipò, a New York, – insieme a Enrico Baj, Gianfranco Baruchello, Mimmo Rotella e Mario Schifano – alla mostra “New Realists”, che consacrò definitivamente la Pop Art a fenomeno internazionale. Diverse le opere esposte che rappresentano questo periodo importante, tra cui le famose “Finestre” e “Persiane”, che saranno poi riprese negli anni Ottanta.
Emulando lo stile di Andy Warhol, Tano Festa, nell’opera “Da Michelangelo” del 1978, ripete per due volte un particolare del “Giudizio Universale”. Egli, però, cita non un prodotto commerciale, ma un’opera fondamentale della storia dell’arte italiana.
Nella Roma di quei tempi, i suoi lavori furono accolti con entusiasmo, anche perchè vennero realizzati con nuove tecniche pittoriche. “Rebus” del 1979 ne costituisce un esempio: per questo lavoro, Festa ha utilizzato la tecnica dell’acrilico su carta emulsionata, vi ha proiettato una fotografia del soggetto che ha poi rielaborato.
La strada della “nuova figurazione” gli alienò l’attenzione della critica e visse gli ultimi anni della sua vita in totale isolamento. In questo periodo, dipinse il ciclo pittorico dedicato agli impressionisti presente all’esposizione con le opere su Monet e Renoir.
Il percorso della mostra non segue un ordine cronologico, ma si snoda attraverso la collocazione di alcuni pannelli che fanno da supporto alle opere più importanti.
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molto bello. tano festa, tra l'altro, è il mio pittore preferito e ho molto apprezzato l'articolo. grazie!
Io sono daccordo che Tano Festa sia stato un genietto, ma gente come Mario Schifano è stata davvero un po tonta. Poteva diventare qualcuno e invece essendosi comportanto in quel modo, essendo andato in sovrapproduzione ha rovinato la sua arte e la sua reputazione presso i collezionisti. Peccato.
Sono molto lieto dell'interesse nei riguardi di Tano Festa, perchè è un'artista molto importante per noi italiani. Mi auguro che i ragazzi e ragazze di p.zza del popolo, vengano considerati per quello che sono stati: dei piccoli geni.