Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad una lenta ma costante affermazione dell’arte al femminile, sia come sguardo alternativo e in qualche modo di “opposizione” nei confronti di un art system tradizionalmente maschile, sia come conseguenza naturale di un percorso di emancipazione globale della donna all’interno della società.
Il lavoro delle artiste donne dunque, lungi dall’essere soltanto una moda passeggera, dopo essersi svincolato dalle rivendicazioni sociali e da tematiche ‘femministe’, centrali soprattutto negli anni Settanta, si presenta oggi consistente e sfaccettato. Libero da ogni clichè di “arte femminile”, il panorama risulta composto da una miriade di identità differenti e si esprime tramite i linguaggi più diversi, dalla pittura alla fotografia, dal video alla performance.
La mostra in corso alla Galleria Biagiotti di Firenze propone i lavori di otto artiste, italiane e straniere, nel tentativo di evidenziare, come spiega il curatore Gianni Romano, come ” i ruoli identitari assunti dalle artiste abbiano sminuito l’importanza del soggetto a favore di un tessuto relazionale e sociale.”. Gli “stages of regression” del titolo si riferiscono proprio a questa trasformazione, a questo viaggio a ritroso “dalla semplice manifestazione privata e autobiografica ad un inaspettato livello di trasformazione dell’io o del proprio agire”.
Il percorso espositivo si apre con le due grandi tele di Maja Vukoje artista tedesca di origini serbe, che dipinge inquietanti close-up di bambole con un linguaggio pittorico essenziale e fluido. I giocattoli, che coniugano una residua sembianza umana con la passività degli oggetti inanimati, divengono così, nei lavori della Vukoje, chiari simboli di dolore esistenziale e allo stesso tempo richiami inequivocabili agli orrori della guerra, in corso nella terra d’origine dell’artista.
Altrettanto inquietanti le immagini dell’inglese Nicky Hoberman che ritrae bambini e adolescenti con un procedimento pittorico iperrealista e deformante ad un tempo. La Hoberman mette in evidenza quello che lei stessa definisce il ” marshmallow factor”, cioè la malleabilità sia fisica che psicologica dell’età adolescenziale e mette efficacemente in evidenza la lotta per l’affermazione dell’identità che caratterizza questa fase dell’esistenza umana.
L’austriaca Elke Krystufeklavora invece sulla propria identità, mettendo sé stessa al centro della sua ricerca, oscillando tra esibizionismo e una pratica di incessante autoanalisi. Il volto dell’artista, in un espressivo ritratto schizzato nero su bianco, campeggia sulla tela con grandi occhi sgranati sulla realtà, circondato da scritte che sembrano vere e proprie emanazioni del pensiero.
Kiki Seror frequenta le chat rooms su Internet usando vari pseudonimi e poi formalizza brani delle conversazioni, trasformando le parole in affascinanti animazioni video e lightboxes. Le parole si spazializzano e diventano vere e proprie architetture dell’informazione, labirinti dinamici in movimento, in un tentativo di visualizzare e dare consistenza al flusso continuo dei dati sulla Rete.
Il gruppo di artiste italiane si apre con “00:00”, un lightbox di Sarah Ciracì, desolato ma scintillante paesaggio lunare, che prosegue l’indagine dell’artista su nuovi mondi possibili, in un allontanamento cosciente e visionario dalla realtà oggettiva.
Le immagini di Margherita Morgantin sono visioni urbane dai colori freddi, spesso abitate (o attraversate fugacemente) dalla figura dell’artista. In “Charlie don’t surf” il protagonista è invece la nota opera di Cattelan, il bambino con il cappuccio inchiodato nel suo banco di scuola, rivolto non più contro un muro, ma verso la vetrina di un negozio.
Le donne delle fotografie di Ottonella Mocellin sono distese a terra -non si sa se morte, svenute, o solo dormienti- in ambientazioni quotidiane, espressione di uno sguardo ironico e drammatico sulla realtà.
Il video di Marzia Migliora (che presenta anche un gruppo di fotografie) fa parte di una serie di filmati realizzati nel cortile di casa dell’artista, lunghi piani sequenza girati da un punto di vista molto basso: quello dei giocattoli infantili sui quali è stata montata la telecamera (una palla, un triciclo). Lo sguardo si muove così in maniera incessante, dall’alto in basso, rotea senza posa, evidenziando la fluidità dello spazio, per poi fermarsi improvvisamente sull’immagine della terra.
Il curatore, Gianni Romano, prosegue con questa esposizione un lavoro di ricerca sull’arte contemporanea delle donne già testimoniato dalla pubblicazione del volume “Contemporanee – percorsi, lavori, poetiche delle artiste donne dagli anni 80 ad oggi” scritto a quattro mani con Emanuela De Cecco e pubblicato da Editori Associati.
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Valentina Tanni
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Giusto, sono d'accordo con Janaz. Attendiamo Marzia Migliora. Anche Valentina, però... se hai voglia, scrivi... Ciao
credo che Marzia Miglira dovrebbe intervenire per spiegare qualcosa sul suo video. La attendiamo.
Naturalmente puoi criticarmi, certo... però potresti essere anche un po' puù educato; non ci conosciamo, mi sembra, quindi perchè mi apostrofi con questo tuo "Sveglia!"?
Le comparazioni con il cinema sono pertinenti, in quanto il cinema è un'arte, mio caro... è l'arte assoluta del nostro secolo. Ti do un consiglio: guardati "2001 Odissea nello spazio". Molta Videoarte è già tutta lì dentro.
In effetti la VIDEOARTE avrà trent'anni !!!
Certo che Costantino e' proprio fuori strada. Ma come, la video-arte "nascente"? E Nam June Paik? Sveglia! Poi cosa centrano le tue comparazioni col cinema, qui si parla di arte, e' un altra storia. Dovevi andare a Milano a vedere l'ultimo video della Migliora, o se proprio non ci arrivi, aiutarti con il testo di Emanuela De Cecco. Complimenti a tutti, comunque, "Unexpected" e' una perla rara in un mare di banalità.
Il bello dei forum e' che un ragazzino che ha appena visto un capolavoro come quello di Kubrik voglia farlo sapere a tutti. Il brutto dei forum e' che lo stesso ragazzino diventi saccente e confonda il cinema con la video-arte, senza alcuna conoscenza di quest'ultima e - come diventa evidente nei suoi commenti al lavoro di Kiki Seror - neanche dell'arte in genere. Il brutto dei forum e' che poi tutti vogliano diventare protagonisti perdendo di vista le opere o l'evento. Nessuno si e' reso conto che in questa mostra ci sono delle nuove proposte come Seror, Morgantin, Migliora e non sempre i soliti nomi? che ci sono artiste mai viste in Italia? che tutte insieme hanno realizzato una bella mostra? che il curatore e' uno che sa il fatto suo (vedi anche il mitico libro scritto con la De Cecco)?
Si anche a me sono piaciute le introspezioni virtuali di Kiki Seror e quelle urbanistiche di Margherita Morgantin. Nicky Hobermann e' fantastica. Maya Vukoye anche. La mostra e' stata una bella sorpresa. Bravi Biagiotti!
brava simona!
Janaz!! ti ho beccàto!! AHA!! Così per curiosità stavo riguardando questa notizia su una mostra che si è tenuta ad aprile: c'erano alcuni mediocri - secondo me - video, che nulla avevano da spartire con la Videoarte; e Janaz mi fa notare che la Videoarte avrà trent' anni: certo... quindi è nascente! Lo studio di essa, poi, è MOLTO nascente, ti assicuro. Ma conosci un po' le cose su cui ti permetti di fare commenti?
caspita? mi sono perso questa mostra. sembra stupenda!!! c'e' qualcuno che ha delle foto da vedere? exhi... fate le foto troppo piccole!