Salis & Vitangeli, da anni impegnati in un progetto artistico comune, presentano al pubblico del capoluogo toscano i risultati delle loro più recenti ricerche pittoriche, orientate a sondare le drammatica discrasia tra le incrollabili certezze dell’uomo tecnologico e la fragile inconsistenza del suo sistema conoscitivo.
Le opere, perlopiù stampe su tela di varie dimensioni e formati, sono dislocate in due distinte sedi espositive. Negli intimi spazi della galleria La Corte si trova il nucleo più consistente di lavori: quattro tele ed una suggestiva quanto criptica installazione. In un recesso, passaggio obbligato verso voci confuse e troppo lontane per poter essere intese, giace uno spesso velo di cenere: polvere intatta da cui emergono aculei appuntiti che negano l’accesso ed impediscono l’avvicinamento alla luce, tanto vicina quanto inaccessibile. Quest’opera paradigmatica, che racchiude in sé i punti cardine della poetica degli autori, si pone come cruda metafora dell’inconoscibilità del reale, dell’incomunicabilità universale, dell’estraneità tra uomini e uomini e tra uomini e cose. A completare il percorso espositivo, nell’ampio atrio della Saci Gallery si trovano tre ulteriori stampe, del tutto omogenee alle altre per tecnica, modi stilistici e contenuti. Le tele di maggiori dimensioni, tutte accordate sulle fredde tonalità del grigio, ospitano visioni offuscate, intrecci sovrapposti di luce metallica, gabbie dalle funzioni più diverse sradicate dal loro contesto originario, private della loro funzionalità e di evidenti finalità logiche. Le strutture vuote alludono all’impossibilità di capire ed al limite invalicabile che separa l’essere umano dal significato ultimo di ciò che lo circonda. Tali giochi geometrici, di cui cogliamo unicamente il profilo esteriore, sfocato e confuso, richiamano muti oggetti della percezione il cui fine ci è del tutto ignoto. Sulle tele di minori dimensioni, di formato quadrato, campeggiano incerte sagome antropomorfe. Sembra di trovarsi di fronte a piccoli lucernari affacciati sul quotidiano dai quali riceviamo nient’altro che immagini ipotetiche, indefinite e distorte, pervase dal silenzio e da un senso di assoluta solitudine. E’ così che l’intuizione e l’immaginazione risultano gli unici mezzi in grado di generare una qualche forma di conoscenza, soggettiva ed imperfetta, mai razionale ed oggettivamente valida.
La tecnica adottata è un’insolita, interessante, ibridazione tra la fotografia, mediante la quale vengono catturate le immagini poi trasposte e sovrapposte sulla tela attraverso il passaggio al computer, ed infine l’olio, simbolo della più alta tradizione pittorica, steso in sottili velature come rifinitura e correttivo alle imperfezioni di stampa del plotter. Dunque i due artisti ricorrono al digitale, ma lungi dal considerarlo il fine ultimo delle loro ricerche, se ne servono come di un mero strumento, tanto limitato da richiedere l’intervento finale del pennello, e lo plasmano per dar voce alla loro originale, personalissima creatività.
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Valentina Sostegni
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