in pochi anni, si è già segnalata sul panorama nazionale in varie collettive e collezionando due premi di prestigio, il Giorgio Morandi per l’incisione e il Suzzara (ex aequo).
“Vitrea” è una bella selezione di opere plastiche realizzate in cera e ceramica, tutte rinchiuse dentro teche neutre trasparenti, in vetro o plexiglass.
Beatrice Pasquali è un’artista dalle innegabili capacità tecniche e plastiche e, francamente, è una gradita sorpresa notare come nell’arte contemporanea possa esservi ancora spazio per l’abilità manuale in senso classico e per una plasticità che sappia gestire con disinvoltura la lezione di Rodin e Medardo Rosso ma che sappia anche considerare ed assimilare la ricerca concettuale del ‘900 che ha avuto in Beuys uno dei suoi massimi esponenti.
Con tutto ciò Beatrice riesce nell’intento di utilizzare con originalità ed intelligenza la tecnica scultorea, ritraendola dal periodo di disgrazia che la attanagliava da tempo.
Queste scatole di vetro riescono a solleticare l’esercizio critico, nella loro qualità di “contenitori” che, presumendo come “contenuto” l’opera d’arte, rinunciano di fatto a confrontarsi con lo spazio vuoto della galleria, imponendosi esse stesse come architettonica geometria spaziale. Ecco dunque che la scelta di un allestimento che, mediante steli appesi al soffitto o piedistalli collocati a terra, privilegi il punto di vista ad altezza d’uomo esaltando il tutto tondo, appare perfettamente indovinato.
All’interno delle scatole sono contenuti oggetti realizzati in cera e ceramica, per lo più testine infantili, ma anche altri oggetti, teste adulte o busti femminili che appaiono come mummificati o conservati sotto formalina, quasi si trattasse di una collezione per lo studio della fisiognomica.
Le teche nelle quali sono contenute le opere scultoree, che nella trasparenza rendono visibili le linee geometriche del cubo o del parallelepipedo, finiscono anche per misurare l’opera d’arte, fornendone le coordinate e stabilendone le dimensioni: una geniale riproposizione del concetto classico di misura aurea, della perfetta armonia delle forme.
C’è poi un’altra questione tutt’altro che secondaria: simbolicamente la teca riconduce l’oggetto contenuto ad una identità di prezioso reperto, la cui conservazione è garantita dalla collocazione in uno stadio di sospensione temporale, sottoposto a condizioni microclimatiche invariabili.
Misurazione, catalogazione, archiviazione, esposizione: Beatrice è lo scienziato di una nuova sensibilità neoclassica, un’artista che propone una soluzione positivista all’arte contemporanea.
Ma la cosa che più sorprende è scoprire che, se ciò appare vero in opere come “Stereotomia”, “Registro della schiena” o “Vitro”, l’artista riesce in altri casi a negare se stessa, a stravolgere la sua arte e ribaltare in senso ironico tutta la teoria precedente, in opere come in “Teoria per la tua fronte”, in cui 3 candide pecore procedono in fila regolare con in testa una campanula di vetro.
In conclusione una bella mostra quella di Beatrice Pasquali (con le personali di Janieta Eyre e Manfredini tra le migliori di questa recente galleria veronese), un’artista che dimostra un’acutezza ed una sensibilità non comuni perché appare capace di sposare felicemente intelligenza e virtuosismo.
La mostra è curata da Walter Guadagnini che, insieme a Giulio Mozzi, ha redatto anche i testi del catalogo (di qualità, com’è uso della Galleria Girondini).
Informazioni di mercato: essendo la prima personale per la giovane artista veronese i prezzi risultano molto contenuti: il mercato delle sue opere è tutto da costruire. Il pezzo più costoso si tratta intorno ai 3,8 milioni mentre la maggior parte delle opere in mostra supera di poco i 2 milioni. La qualità delle opere e dell’artista consigliano il piccolo investimento.
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gli scheletri sottovetro sono bellissimi 'oggetti' di antiquariato. Si trattava di ricreare il 'bello' e questo è stato fatto