“Il punto è il risultato del primo scontro tra lo strumento e la superficie materiale, la superficie di fondo. Carta legno, tela, stucco, metallo, eccetera, possono essere il materiale di questa superficie di fondo. Lo strumento può essere matita, bulino, pennello, penna, punta, eccetera. Attraverso questo primo scontro viene fecondata la superficie di fondo.” Così si esprimeva Kandinski nel suo Punto, linea, superficie, e non è azzardato trovare nell’opera di De Marchi questi principi, in questa sua mostra in cui la parola diventa solo segno o punto primitivo di comunicazione (il punto può essere letto come una “o” e allo stesso tempo può richiamare la figura del cerchio, perfetta nella sua circolarità) su lastre di metallo che si avvicinano alla concezione dell’arte come architettura, occupazione e modellazione dello spazio circostante. “Tutti i suoi lavori, in verità subiscono il fascino dell’architettura, vorrebbero come mimetizzarsi con essa, farne parte, intimamente, completamente. L’opera stessa è un luogo in senso fisico, ovunque si trovi. Anche quando è appeso, canonicamente, ad una parete” (Angela Madesani). Il testo e la materia si azzerano e annullano a vicenda, l’uno facendosi fissare in maniera ripetitiva e l’altra aderendo in maniera perfetta allo spazio della galleria. E guardando le opere di De Marchi non si può non far correre la mente allo spazialismo di Lucio Fontana, che ha fatto dell’annullamento della pittura attraverso i tagli delle tele in maniera spaziale il concetto fondante delle sue opere. In De Marchi gioca un ruolo fondamentale la luce che diviene parte integrante delle sue “tabule rase” o “Testi per Nulla”. I colori delle tele metalliche, bianco e marrone, o il grigio delle lastre (queste sì foglio o papiro da srotolare ed interpretare) essendo attraversati, segnati da questi punti a seconda della luce cambiano “espressione”. “Ombra e luce, superficie e spessore, forature concave e convesse disegnano una sorta di spazio minore che esiste all’interno di uno spazio maggiore, ideale e privato dei naturali confini” (Beatrice Buscaroli Fabbri). Riccardo De Marchi è nato a Tomba di Mereto (Udine) nel 1964 e attualmente vive e lavora a Flaibano, sempre in Friuli. La prima personale risale al 1986, presso la galleria Bevilacqua La Masa di Venezia. Nella sua carriera ha partecipato, tra le altre, alla Biennale di Venezia nel 1993 e alla biennale di scultura di Carrara nel 1998.
Roberto Tassinario
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