David Mach, Vik Muniz, Jane Mulfinger e Nicus Lucà sono accomunati dall’uso di un linguaggio espressivo che si serve di materie prime inconsuete, tratte dalla realtà quotidiana. Le opere, scrive Tazzetti, “rappresentano immagini appartenenti al background visivo di ciascuno di noi: immagini iconiche e personaggi famosi in alcuni casi, soggetti comuni in altri, ma che comunque richiamano immediatamente, in chi osserva, una sorta di déjà-vu rivisitato nella forma”.
Le opere, quasi tutte in vendita, sono esposte in tre sale. La prima è dedicata alle creazioni di David Mach, scultore scozzese, diventato molto famoso agli inizi degli anni Ottanta per le grandi installazioni realizzate con mattoni, pneumatici e giornali. “Unorthodox” presenta invece alcune opere della serie “Match Heads”: teste di animali e uomini realizzate con l’assemblaggio di centinaia di fiammiferi colorati. Il processo creativo, però, non si ferma all’ammirazione dei musi di tigre o dei volti di indigeni: le teste, conformemente alla propria natura, possono all’occasione essere incendiate, come c’insegna lo stesso Mach; ma tale possibilità è riservata naturalmente solo a chi volesse acquistarne una.
La seconda sala presenta alcune opere di Nicus Lucà, giovane artista torinese che reinterpreta quadri o fotografie molto popolari usando migliaia di spilli appuntati su superfici monocrome. L’immagine dello studente sessantottino colto da Jilles Caron nell’atto di lanciare una pietra, i Coltelli di Warhol e l’Arlecchino di Picasso appaiono, grazie alla rivisitazione di Lucà, sotto una luce completamente nuova.
L’ultima sala riunisce i lavori di Vik Muniz e Jane Mulfinger. Il brasiliano Muniz, noto soprattutto per le opere realizzate con lo sciroppo di cioccolato, è solito creare delle installazioni con materiali insoliti, quali terriccio, fili di lana e di ferro, zucchero e cotone, per poi fotografarle, creando così un suggestivo effetto di mise en abîme. Della californiana Jane Mulfinger sono esposte, infine, tre incisioni su vetro trasparente appartenenti alla serie “No image, no matter” (Nessuna immagine, nessuna materia): le nuvole incise, riflettendosi sulla parete retrostante, creano un affascinante gioco di ombre e trasparenze, che riproduce elegantemente l’immaterialità del soggetto.
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Giorgia Meneguz
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