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Gallerie ai tempi del distanziamento sociale: Galleria Bianconi
Gallerist
Pubblichiamo il dodicesimo appuntamento con questa prima fase di analisi delle opinioni dei galleristi in lotta contro il Covid-19: parla Renata Bianconi della Galleria Bianconi di Milano. Per leggere tutte le interviste ai galleristi visitate la sezione Gallerist.
Le gallerie chiuse, le fiere annullate o rimandate, i collezionisti più cauti. Le previsioni dicono che il mercato medio, quello che investe su giovani artisti e mid-career sarà quello che potrebbe risentire di più di questa crisi che avanza, come tutta la piccola e media impresa.
«In realtà penso che la situazione attuale non riguarderà esclusivamente il mercato medio, delle piccole e medie gallerie e degli artisti emergent o mid-career , ma che si tratti di uno sconvolgimento epocale che riguarderà tutti senza distinzioni.
Questa situazione ha messo in evidenza le fragilità intrinseche su cui si basa il nostro intero sistema di vita e di sussistenza. Ciononostante, sono convinta, che come avvenuto più volte nel passato – si pensi ad esempio al boom del dopoguerra – uno sconvolgimento catastrofico possa generare nell’essere umano un forte impulso di reazione che gli permette di ricostruire una nuova società e un nuovo benessere . Dipenderà dunque da noi dalla nostra voglia di ripartire e di ripensarci come collettività e come singoli la possibilità di ricreare un benessere generale e duraturo. In questo l’Arte potrebbe avere un ruolo centrale, recuperando i suoi contenuti di valore e di senso e abbandonando quell’allure di glamour e brandizzazione che non le appartiene».
Come avete riorganizzato il vostro lavoro?
«In primo luogo abbiamo dovuto pensare come poter lavorare a distanza e senza uno spazio fisico, quindi abbiamo dovuto affidarci ai nuovi strumenti che la tecnologia ci offre sia per lavorare fra di noi, come team, sia per poter presentare all’esterno i nostri progetti . A questo proposito stiamo riflettendo su quale possa essere il miglior linguaggio e strumento pe poter veicolare il messaggio di un artista in uno spazio virtuale.
Oltre a ciò abbiamo colto l’opportunità per riflettere su quali sia il nostro ruolo e nella società, da questa riflessione è nata la convinzione che l’Arte abbia sempre svolto la funzione di accelerante propulsivo di energie positive in grado di riflettersi concretamente nella vita quotidiana di ciascuno di noi . E’ così che abbiamo dato vita al progetto TOTAL RECALL. Community Art Project for Charity, un progetto artistico di rinascita a sostegno delle famiglie e delle persone in difficoltà assistite dall’Associazione San Fedele Onlus, nella divisione dell’Assistenza Sanitaria. Il progetto, curato da Rossella Farinotti, sarà in due fasi , una online sulla piattaforma Artsy e successivamente espositiva in Galleria. Il tutto inizierà il 16 aprile e avrà una durata di diversi mesi».
Quali misure metterete in atto per attutire le difficoltà previste per il 2020?
«In primo luogo ci concentreremo nello sviluppare la tecnologia necessaria per proporre online l’Arte. La sfida sarà quella di non trasformare l’Arte in mero prodotto e mantenerne intatto il messaggio. Proprio riguardo a quest’ultimo punto stiamo potenziando la ricerca per poter proporre a collezionisti e curatori Artisti e progetti sempre di maggiore incisività Ci saranno molte novità al riguardo. Tutto verrà affrontato con una grande attenzione alla concretezza. Ci sarà un forte spending – review che taglierà tutto ciò che è superfluo».
Qual è il più grande ostacolo che sarete costretti a superare nei mesi a venire?
«La debolezza del sistema dell’Arte, l’essere delle individualità delle monadi che procedono da sole o per piccoli gruppi. E soprattutto l’assenza delle Istituzioni e il loro considerare il mercato, asse portante della produzione e sperimentazione artistica, come un nemico, anziché come un importante alleato e una risorsa».
Quale credete sia la debolezza più evidente che il sistema dell’arte ha mostrato in queste settimane?
«Le Fiere, o meglio l’eccesso di potere concesso ad esse, che ha dato vita ad un sistema viziato che ha trasformato l’Arte e gli artisti in un brand di moda, al pari di un paio di scarpe che si portano per una stagione, cosa contraria alla natura stessa dell’arte. E cosa ancora peggiore ha caricato l’arte di costi economici assolutamente non necessari».