L’indagine sulle gallerie al tempo del distanziamento sociale prosegue pensando al futuro. Dopo Galerie Lelong & co., Hauser & Wirth e Emanuel Layr, oggi leggiamo le parole di Mario Cristiani co-fondatore di Galleria Continua.
Nata nel 1990 a San Gimignano dalla collaborazione di tre amici Mario Cristiani, Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo, Galleria Continua nel 2005 ha aperto uno nuovo spazio espositivo a Pechino, nel 2007 a Boissy-le-Châtel ha inaugurato lo spazio Le Moulin destinato ad accogliere progetti ed esposizioni di opere di grandi dimensioni. Nel 2016 ha aperto un nuovo spazio espositivo a L’Avana ed è di pochi mesi fa la notizia dell’apertura di una sede a Roma.
In queste settimane stiamo assistendo al proliferare di iniziative di beneficenza, i primi ad essere chiamati all’azione sono stati gli artisti. Crede che questo modello basato sulla gratuità del lavoro artistico possa creare un precedente rischioso per gli artisti stessi?
«Noi fin dalla nascita, trenta anni fa, abbiamo creato due strutture parallele, la Galleria Continua come impresa agente nel mondo dell’arte e l’Associazione Culturale Arte Continua come parte non profit della nostra azione sul territorio, volta anche alla realizzazione di progetti di beneficenza. L’idea, che già all’inizio degli anni Novanta volevamo praticare, era quella della responsabilità sociale d’impresa. Abbiamo sempre coinvolto e raccolto la disponibilità e la generosità degli artisti e del mondo dell’arte per aiutare persone che non ne facevano necessariamente parte: con Arte x Vino = Acqua abbiamo donato fino ad oggi 2.000.000 di euro. A gennaio, quando l’epidemia di coronavirus ha messo in ginocchio l’intera provincia dell’Hubei abbiamo deciso di sostenere “2020 Standing together Charity Auction”. L’intero ricavato è andato alla Shanghai Soong Ching Ling Foundation per acquistare forniture per la prevenzione dell’epidemia per gli studenti delle scuole elementari situate nell’area interessata. La nostra partecipazione è stata possibile grazie alla generosità di alcuni dei nostri artisti: Antony Gormley, Carsten Holler, Giovanni Ozzola, Ahmed Mater e Moataz Nasr che hanno donato le loro opere e grazie agli artisti che in questi anni hanno aderito al progetto Arte x Vino = Acqua: Lothar Baumgarten, Richard Hamilton, Roni Horn, Cildo Meireles, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, Adel Abdessemed, Antony Gormley, Carsten Höller, Jannis Kounellis, H.H.Lim, Yan Pei Ming e Kiki Smith. Quando il virus ha colpito anche l’Italia gli amici e colleghi cinesi hanno attivato una catena di solidarietà che ha permesso di donare al Comune di Milano e alla Protezione Civile oltre 50.000 mascherine, 6 respiratori, tute e occhiali. Adesso stiamo cercando di far arrivare 10.000 mascherine anche in Toscana. Grazie alle donazioni delle opere di Gormley, Ozzola e Ornaghi & Prestinari ci siamo uniti all’asta organizzata da Blindarte ART TO STOP COVID-19 a sostegno dell’Istituto Pascale di Napoli. In Francia, questa volta grazie alle opere donate da Loris Cecchini, Pascale Marthine Tayou e José Yaque, ci siamo affiancati alla casa d’aste PIASA per sostenere le iniziative del collettivo Protège Ton Soignant, un team multidisciplinare di medici, insegnanti, imprenditori ed ingegneri con la missione di aiutare gli operatori sanitari a superare questa terribile crisi sanitaria. Credo che sia importante organizzare e coordinare le energie; gli artisti possono agire anche direttamente, tuttavia sono convinto che operare attraverso un’associazione non profit permetta di superare l’ambiguità che nasce tra l’auto promozione a fini altri e la solidarietà, che è l’aspetto più genuino che anima gli artisti».
David Zwirner ha aperto la sua piattaforma online ad altre 12 gallerie. Credete sia utile trovare un modo per fare rete e contribuire alla creazione di un sistema reale con una voce più forte e unitaria?
«È una sfida interessante anche questa perché il più grande assorbe il più piccolo e in parte snatura l’aspetto un po’ anarchico, ma fondamentalmente basato sulla libertà individuale, su cui si fonda il mondo dell’arte. Avere una piattaforma pubblica sarebbe forse ancora più a rischio di controllo sull’accesso. Una strada alternativa, certo non semplice da percorrere, ma sui cui si potrebbe ragionare, potrebbe essere la creazione di una piattaforma indipendente, mista pubblico privato, alla quale tutte le gallerie potrebbero avere libero accesso».
Quanto crede inciderà questo momento di stop sull’economia del sistema?
«L’intero mondo dell’arte dovrà ripensare e riorganizzare il lavoro. Per le piccole attività forse sarà possibile superare questo momento. Le realtà più grandi saranno necessariamente costrette a ridurre la propria struttura, a trovare un rapporto tra dimensione fisica (sempre più locale) e dimensione internazionale; quest’ultima vedrà un ribilanciamento e una diminuzione di azioni dirette in musei o/e luoghi aperti al pubblico. La paura, i costi economici e ambientali ci porteranno a muoverci di meno e a implementare forme di comunicazione virtuale o a muoverci quando ci sarà qualcosa di imperdibile».
Crede che le fiere riusciranno a rendere recuperabile questo margine?
«Non credo che avranno lo stesso ruolo che avevano prima, per altro negli ultimi anni c’era stata una vera e propria proliferazione tanto che si parlava di “fairtigue”. Credo che il divario tra chi avrà accesso diretto ai beni e chi li potrà esperire solo in via telematica si farà più marcato».
Qual è il più grande ostacolo che sarete costretti a superare nei mesi a venire?
«La difficoltà di movimento e di contatto diretto saranno aspetti problematici. Per essere in grado di affrontare una realtà che si sta imponendo in modo così rapido dovremo essere in grado di fare investimenti in persone e mezzi. Sostenere il lavoro degli artisti e del mondo dell’arte, non sarà un percorso facile né omogeneo; dipenderà dalle reazioni dei singoli governi, dai sistemi fiscali che verranno messi al servizio della cultura. L’aliquota IVA attualmente applicata in Italia nella compravendita di opere d’arte sarà una zavorra; per molte attività sarà una mannaia. Spero che alla luce delle nuove difficoltà verrà finalmente ridimensionata in modo sostanziale».
In Germania e in altri Paesi si iniziano a riaprire le gallerie e Musei. Come pensa cambierà la fruizione delle mostre nel breve e nel lungo termine?
«Credo di aver già dato tracce del mio pensiero. Chi sarà in grado di attivare maggiori capacità organizzative avrà più opportunità di fronteggiare e di risollevarsi da questi drammatici eventi. Se l’Europa riuscisse ad integrare e a valorizzare le parti migliori delle differenze che la animano, ad adottare un regime fiscale unitario, a promuovere in modo organico interventi a livello sanitario, sociale e culturale l’intero sistema dell’arte ne trarrebbe grande beneficio. Speriamo che la crisi ci porti in questa direzione, altrimenti per le imprese italiane in generale e per quelle che operano nel mondo dell’arte sarà una strada fortemente in salita. L’arte comunque esisterà sempre e non si farà fermare neppure da queste circostanze».
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