È da molti anni che Amy O’Neill (1971, Beaver, Pennsylvania) fa degli Stati Uniti una questione intima e affettiva, nonostante siano la più grande potenza mondiale. Sembra impossibile dissociare gli Stati Uniti dalla politica imperialista cui inneggiano – soprattutto sul piano culturale – ma tant’è qualcuno ci riesce. E lo fa in punta di piedi, non scomodando il neoliberismo o la società consumistica. Già abituata agli spazi della galleria Pinksummer, Amy O’ Neill realizza una mostra capace di descrivere l’America, e il sogno americano, in maniera pacata e raccolta sfruttando gli elementi tipici del grande racconto americano. Certo, poco importa se quest’ultimo è ormai sbiadito e arrugginito come i trucks della Rusty Belt – che lei stessa ha guidato; in esso permane un sostrato vitale e pulsante capace di generare magicamente nuove narrazioni.
La mostra si intitola “Dura Mater”, un’allegoria tramite cui O’Neill individua il rapporto tra terra d’origine e rapporti familiari. “Dura Mater”, perché il sottile velo di rivestimento che il termine indica esiste sia per proteggere il cervello dagli agenti esterni sia per inglobare pia madre e aracnoide; Amy O’Neill riflette sul legame storico-biologico tra i propri genitori e gli Stati Uniti attraverso allusioni intuitive (ne è un esempio il titolo della mostra).
In Metered mail ha incorniciato all’interno di specchiere alcuni disegni raffiguranti francobolli americani e momenti che i suoi genitori hanno vissuto sulla propria pelle (Vietnam, seconda guerra mondiale); la serie dei Victory gardens si riferisce ai sacchi di semi che gli americani consegnavano ai contadini al termine della seconda guerra mondiale affinché “rinascesse qualcosa” dai terreni incolti e minati; grandi parafanghi dipinti pendono dalle pareti come bandiere nazionali; sul pavimento, una grande bandiera americana realizzata con la juta gioca con l’immaginario nazionalista statunitense. Intento di O’Neill è restituire il proprio immaginario affettivo attraverso un apparato didascalico e intuitivo, giocato in parte anche sullo spiazzamento: i parafanghi dei copertoni appesi alludono sia al mezzo di trasporto americano per eccellenza sia al paesaggio americano come elemento geopolitico. Gli ambienti della galleria si popolano di oggetti frutto di un prelievo dalla sedimentazione affettiva dell’artista; oggetti la cui ridistribuzione costituisce la rielaborazione qui operata – non a caso, lei stessa nelle interviste parla di Smithson, Adrian Piper e di entropia, artisti e concetti che dialogano con lo spazio nella sua dimensione fisica e percettiva. Memoria, spazio e biologia risultano così intrecciate: veicolano un discorso riguardo all’eredità del passato che si attua in un presente ingombro di specchiere, parafanghi, sacchi di juta e francobolli.
Alessandro Ferraro
mostra visitata il 20 ottobre
Dal 09 ottobre al 10 dicembre 2015
Amy O’Neill, Dura Mater,
Pinksummer contemporary art
Palazzo Ducale – Cortile Maggiore 28r
Piazza Matteotti 9 – 16123 Genova
Orari: da martedì a sabato, ore 15.00 / 19.30