Dalle premesse ci si aspettava una mostra come non se ne erano mai viste. E Arti & Architettura, non delude: anzi si fa -è il caso di dirlo- letteralmente in quattro:due mostre al Palazzo Ducale e due con le installazioni effimere e le affissioni inserite nel percorso cittadino, da seguire con tanto di mappa. Un risultato che è più che grandioso.
Del resto a dire che questa mostra traccia una nuova direzione per comprendere“la storia dell’architettura, attraversata con una prospettiva visiva che la mette in rapporto con le altre arti” sono gli stessi ideatori. Che posso permettersi di esordire -in sede di presentazione alla stampa- con affermazioni del tipo: “Questa è la più bella mostra d’architettura che si sia vista nel ventesimo secolo e dintorni” e ancora:“è la più grande e completa mostra che abbia mai fatto”. A parlare sono Gae Aulenti e Germano Celant, rispettivamente responsabile dell’allestimento e curatore.
Una mostra-kolossal quindi, con 1.100 opere d’arte distribuite su una superficie di 4mila metri quadrati più tutta una città come percorso espositivo. L’impresa è mastodontica, un evento che pur essendo inserito in un’annata eccezionale, quella del 2004 Genova capitale della cultura, resterà impresso non solo nella memoria dei genovesi -che si trovano faccia a faccia nelle piazze e nelle strade con “contaminazioni” di arte ed architettura contemporanea- ma rimarrà documentato nel catalogo di oltre 800 pagine e con oltre mille immagini, redatto in due tomi.
Inaugurazione-bagno di folla (come era prevedibile) che non lascia fuori nessuno: dagli inviati d’importanti testate internazionali ai grandi nomi degli artisti e architetti. Tutti accorsi in gran numero a gustare e scoprire la grande maratona che unisce utopia e realtà, sogno e concretezza.
Per seguire e percorrere, anche fisicamente, l’itinerario ideale della rassegna è opportuno iniziare dal Munizioniere di Palazzo Ducale. Ecco la sezione dedicata agli architetti e agli artisti delle avanguardie storiche fino al dopoguerra, dal 1900 al 1968. Centinaia di opere che testimoniano la spinta utopica della modernità a partire dai grandi maestri del Futurismo, Suprematismo, Costruttivismo, Dadaismo, Neoplasticismo, Espressionismo,Surrealismofino al Movimento moderno .
Un’ interminabile carrellata di schizzi, quadri, progetti, modellini, fotografie, film:da il bozzetto per la stazione di aeroplani e treni di Sant’Elia agli stand pubblicitari di Depero, alle opere di Sironi e Prampolini, dai progetti di Malevich, Leonidov,Rodchenko, Al’tman, Tatlin alla fotografia americana negli anni trenta con la Abbot. E ancoraGropius, Lèger, Schwitters, Kandinsky, Le Corbusier, Wright, Pomodoro, Burri, Dubuffet, Aalto, fino a Fontana e all’impacchettatore di architetture per antonomasia, Christo.
Le opere dal 1968 ad oggi sono collocate al piano nobile, inserite nelle stanze barocche dell’appartamento del Doge si parte dall’esperienza informale-spazialista, proseguendo con il Situazionismo, il Brutalismo, la Pop Art, il Minimalismo, il Post Modern. In questa sezione l’ordine della storia, utilizzando le parole di Gae Aulenti, lascia il posto al “caos” dell’oggi: una ricognizione nella creatività degli ultimi trent’anni del Novecento fino ai nostri giorni, in cui la fusione dei linguaggi diventa la caratteristica principale delle diverse discipline. Qui predominano i progetti, i modelli in scala, le costruzioni biomorfe.
Anche in questa sezione una carrellata di grandi nomi: Sottsass, Archigram, Isozaki, Herzog,</b,Gehry, Piano, Fuksas, Foster, Pesce, Libeskind, Cook, solo per citarne alcuni.
Il terzo percorso, simbolo forte della mostra e di maggior impatto nel tessuto urbano, è collocato nelle piazze della città e nei cortili dei palazzi storici. Ventuno opere (“oggetti d’emozione”, le ha chiamate Celant) tra le quali spiccano il teatro del mondo di Aldo Rossi (opera andata perduta e ricostruita per l’occasione) Hans Hollein e la provocante cisterna dipinta d’oro, la Mobile Lighthouse -un faro che si appoggia su una tartaruga- di Dennis Oppenheim e il modello di una casa in Nuova Caledonia, progettata da Renzo Piano. Ed a Piazza Matteotti, proprio davanti al facciatone di Palazzo Ducale, sta un modulo abitativo degli immancabili olandesi dell’Atelier Van Lieshout.
Una quarta sezione è quella dei Billboard. 50 cartelloni pubblicitari 6 metri per 3 con gigantografie d’artista. Cartelloni solitamente impiegati per scopi pubblicitari utilizzati in questa situazione per presentare immagini di fotografi e disegni di artisti e architetti tra cui Basilico, Lynn, Nouvel, Scolari, Jodice, Matta-Clark: in una sorta di proiezione visiva della mostra allestita in alcune zone periferiche della città.
“Una mostra senza noia”, dice un’incoraggiante Gae Aulenti. Perché un colosso del genere un po’ di timore nel visitatore finisce per incuterlo. Non resta allora che andare a vederla di persona assicurandosi di avere molte ore a disposizione. E una buona forma fisica, per riuscire a percorrerla tutta.
angelisa leonesio
mostra visitata l’1 ottobre 2004
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Visitato la mostra. Farraginosa ed inutile. Posso dirlo? Allora, meglio la Biennale di Architettura di Venezia - che è già piuttosto inutile - se si vuole capire meglio la proiezione degli architetti verso l'arte. Se sul versante delle Arti visive, nella mostra di Genova si vedono le solite cose ma è già più pertinente al tema, su quello dell'architettura proprio non si coglie il criterio, ma zero assoluto. Gravi lacune nelle esperienze artistiche e casualità in quelle architettoniche. Forse anche qui predomina il pensiero 'non posso non mettere questo o quello'. Molto scarso il corredo critico di presentazione. Un semplice repertorio. La scelta delle fotografie ha risollevato le sorti di questa mostra.
Mostra mal organizzata, arruffata, labirintica e che sembra essere all'insegna di "più roba metto miglior figura faccio". Il concetto di percorso conoscitivo é assolutamente inesistente, come il materiale a corredo della visita. Un grosso handicap per chiunque non sia addetto al settore, o abbia almeno una certa cultura personale.
Il personale é quantomeno assente... ci sono aree della mostra dove si arriva solo cercandole testardamente. Ma aggiungo che la mostra ha un pregio: serve a farsi un'idea di stili e magari di qualche autore che "avrei tanto voluto approfondire, ma non ho mai avuto il tempo di"