Come spiega Pierre Restany nell’emozionante video in mostra,
Lucio Fontana (Rosario, 1899 – Varese, 1968) era essenzialmente un filosofo. Affermatosi come scultore di successo, ha potuto dedicarsi con estrema libertà e consueta passione alla sua ricerca innovativa sullo spazio e la luce. I suoi lavori più famosi sono i tagli, le cosiddette
Attese, dal titolo metafisico e spirituale, che squarciano la tela alla ricerca della tridimensionalitĂ .
Nella rassegna di Genova si possono osservare anche altri capolavori, come
La Fine di Dio. Partendo dalla forma primordiale dell’uovo, simbolo della vita e della nascita, riproposta anche nelle sculture, la tela viene perforata da lacerazioni profonde e crateri, oscurati da uno sfondo nero appositamente applicato, oppure cavi e attraversati dalla luce. Questi lavori appesi alla parete, in verità sono stati concepiti come sculture da collocare al centro della stanza, con una luce artificiale che si sprigiona dai fori.
L’esposizione propone un confronto diretto di tutte le diverse tipologie di opere:
Venezie,
Ellissi,
Teatrini… L’allestimento è logico e d’immediata suggestione, organizzato in base al colore dei lavori, per cui si conduce un percorso attraverso la sala nera, rosa, oro, rossa, bianca, gialla.
Sottolineando l’amore di Fontana per la monocromia, si esplicita anche il suo essere precursore di molti altri artisti. Fu anche fra i primi a realizzare delle installazioni, come il famoso lampadario di tubi al neon presentato al Cinema Duse a Perugia nel 1959-60 e ricostruito in mostra.
Le ultime stanze sono dedicate al ciclo de
Le Nature e alle sculture in terracotta e ceramica.
Le Nature sono grandi meteoriti scavati con la mano sapiente del maestro ed esposti con efficacia nella bella Cappella Dogale, interamente ricoperta da marmi policromi.
Tra le sculture spiccano le terracotte smaltate del
Mediterraneo,
Spagna,
Brasile e
I Cavalieri dell’Apocalisse (1949). Colpiscono i colori e i preziosi riflessi metallici che meritano di essere lungamente guardati dal vivo, perché l’interessante catalogo Skira, peraltro ricco di contributi di moltissimi critici e artisti, non riesce a riprodurre la loro intrinseca e meravigliosa luce.
In ultimo, sempre nella sezione dell’
Acquario, alcuni animali marini, come il
Granchio (1936), i cavalli, le stelle marine ricordano i suoi lunghi soggiorni ad Albissola, dove il maestro si dedicava appunto all’arte della ceramica. I lavori sembrano ergersi dalla corposità della materia accumulata con esito ricco di vibrante pathos.
Una mostra da non perdere, che offre anche una variegata offerta di eventi collaterali e approfondimenti, nonché riproduzioni manipolabili delle opere per i non vedenti.