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La mostra antologica su Lavagnino nella propria città natale, a poco tempo dalla sua scomparsa, è un importante tributo. L’allontanamento dalle sue origini, per raggiungere quello che era l’ambiente più stimolante per l’arte del dopoguerra, ovvero Milano, non gli ha fatto dimenticare il proprio retroterra, che riaffiora sempre come ricordo nei suoi quadri.
Le sue opere, che rinunciano alla facile seduzione di contrasti accesi o di “idee folgoranti”, sono l’epilogo di ragionamenti complessi che lo hanno portato a paragoni, in termini poetici, con Montale.
La sua tecnica rispecchia questa complessità attraverso lievi cambiamenti di luci, ombre, colori e toni che si perdono e riaffiorano in una pacata ricerca della bellezza.
L’estrema sensibilità di quest’artista, che si definisce “pittore dei cieli”, è evidente nelle emozioni che esprime nella pittura attraverso un’indagine dei propri sentimenti ora felici ora tristi.
Tra le opere “Ombra verde ed altre stesure” (1993-olio su tela 114×146 cm.), molto toccante è “Nube” (1994-olio su tela 200×155 cm.) che dipinse poco prima di ammalarsi di una malattia che segnò, senza che lui lo dicesse a nessuno, i suoi ultimi anni. Interessanti sono anche le bozze dei quadri con disegni e scritti.
Davide Olivieri
Mostra vista il 14.IV.2001
Palazzo Rocca(Via Costaguta, 2) è aperto al pubblico sabato, domenica e festivi ore 10-12, 16-19 e gli altri giorni 16-19.
Ingresso libero
Informazioni: tel. 0185-365336, e-mail chiavari1@pn.itnet.it.
No disabili; catalogo della mostra molto bello in regalo insieme alla locandina.
[exibart]
Gentile Sig.Olivieri,
questo mio messaggio è per ringraziarla pubblicamente del bel testo che ha voluto dedicare alla mostra su mio padre.
Cari amici,
mi permetto di consigliare a tutti un pellegrinaggio artistico verso i fondali del sogno, da dove si riemerge più ricchi, più consapevoli.
Pierluigi Lavagnino è l’Artista della realtà trasfigurata, seppur di difficile trasfigurazione.
Nelle sue opere troviamo il naturismo umano, l’idea embrionale dell’umanità stessa propostaci con la maestria del suo tenebrismo gioioso e giocoso, positivo, propositivo e ampio, che respira “aria” e della cui aria la sua pittura è strumento pneumatico.
Nell’articolo che abbiamo letto qui sopra è giustamente amplificata la potenza della sua ultima arte, prodromo paradossale per avvicinarci con nostra potenza, questa volta, alle sue prime e interessantissime opere.
I suggerimenti di Lavagnino sono suggestioni di tinte inesistenti, che non troviamo nei manuali degli sciocchi arcobaleni di giorni di sola pioggia o di solo sole.
Egli sradica dalla tavolozza della nostra anima una luce individuale, personale, intima, soltanto prestata, mutuata sulla tela, utilizzando la maieutica più accattivante e di altissimo valore intellettuale.
E per quanto retorico possa sembrare, i suoi colori sono i nostri colori.
Quelli di oggi non sono mai gli stessi di ieri, quasi egli fosse riuscito nell’opera che i tragici greci si sbracciarono a darcene testimonianza: il matrimonio dell’Apollineo e del Dionisiaco.
I due impulsi così diversi procedono l’uno accanto all’altro, per lo più in aperto dissidio fra loro, e con un’eccitazione reciproca a frutti sempre nuovi e più robusti, per perpetuare in essi la lotta di quell’antitesi, che il comune termine di “Arte” solo apparentemente supera; finchè da ultimo, per un miracoloso atto metafisico della “volontà” ellenica, appaiono accoppiati l’uno all’altro e in quest’accoppiamento producono finalmente l’opera d’arte altrettanto dionisiaca che apollinea della meravigliosa pittura di Lavagnino.
Nella sua pittura è immediatamente percettibile la concezione dinamica della realtà, l’essenza di “qualche cosa” (che sia generata dalla natura o dall’arte è del tutto irrilevante), che è strettamente legata alla funzione cui essa assolve.
Ma, mentre nelle cose della natura questa funzione non è altro che l’esplicazione della stessa essenza, nell’arte di Lavagnino la funzione è normalmente legata ad un fine ulteriore in vista del quale quel “qualche cosa”è stato prodotto.
Nelle opere di Lavagnino manca sempre qualcosa.
E da vero, grande artista quale E’ (permettetemelo), l’unica componente che egli consapevolmente non dipingeva era il nostro diritto di raccogliere dal fondale del sogno una caratteristica esclusivamente nostra.
L’apoteosi della libertà nell’arte.
Pierluigi Lavagnino ci dona opere che ci liberano dalla sudditanza verso prodotti “finiti”, statici, completi, quasi che la realtà reale fosse diversa dalla realtà artistica.
Egli traspone sulla tela il dinamismo dialettico di atto-potenza-atto che sommuove il nostro gusto, soggiacendolo, seducendolo, appagandolo.
Per conseguire questo scopo, e questo risultato assieme, occorre soprattutto sottoporre ad esame quelle nozioni di “techne”, “poiesis”, che hanno un significato molto lontano da quello che noi siamo soliti assegnare ai termini italiani correnti di “arte”, “poesia”, “imitazione”, e che pure costituiscono il quadro concettuale entro cui si pone l’intera opera di Lavagnino.
Poiché altro è “quel che” dicono gli artisti, altro è “come” lo dicono.
Lavagnino era un sensibile e meraviglioso artista.
Ciao, Biz.
Caro Biz, anzi, caro Paolo,
mi ha commosso leggere le tue parole, è stata una sorpresa e una rivelazione, non so come ringraziarti. Vedi, sei riuscito a leggere una parte del lavoro di mio padre così intima, che nessuna intervista avrebbe mai portato fuori. La sua era un’indagine sulla Natura(Democrito e Lucrezio erano da lui molto amati), e sulla Memoria (Bergson) condotta senza compromessi o concessioni di sorta. Come vorrei potesse tornar qui solo per leggere quel che hai scritto e che lo potessi conoscer di persona (aveva un caratteraccio, ma era pieno di rispetto per i giovani, soprattutto per quelli in cui scorgeva il desiderio di ricerca e la passione veri che ti contraddistinguono, questo anche se non avessero apprezzato il suo discorso artistico). Ho stampato il tuo testo e lo conserverò, sperando di poterlo pubblicare in un catalogo, con la tua autorizzazione. E ringrazio anche Exibart che ha permesso quest’affinità elettiva.
Paolo, l’unica cosa che si può dire è che la qualità della tua scrittura è veramente superba.
Cara Anna,
ho letto con piacere le vostre parole riguardo il lavoro di Pierluigi. Purtroppo non sono ancora riuscita a vedere la mostra, ho sfogliato avidamente il catalogo, e conoscendo il lavoro di tuo padre,sono nuovamente rimasta sorpresa di fronte all’intensità leggera-avvolgente-struggente (e potrei continuare così per gradi, emozioni, aggettivi)della sua pittura, ma purtoppo non ho parole.
E’ incredibile come la sua presenza nella mia vita, fatta di pochi incontri, sia stata per me una costante, ed ora mi manca. Mi manca lui, e lui accanto a mio padre: due persone così diverse, legate da una prepotente ma silenziosa sensibilità per la vita.
Continuo a stimare il lavoro e la scelta di vita di Pierluigi, e sono felice di sapere che ci sia tu a perpetuarla.
Ho chiesto a mio padre di scrivere una testimonianza sulla mostra, ma ancora non se la sente; si ripromette, forse tra qualche anno, di impugnare carta e penna e parlare di Pierluigi, quando il dolore sarà più lieve e lascerà spazio alle parole. Per ora resta un gran silenzio.
Pierluigi Lavagnino è un bravo artista, il suo genere di pittura ci porta in un mondo fantastico, dove si respira spiritualità. I suoi quadri sono bellissimi, pieni di delicatezza e di poesia, sento ciò che egli ci vuol dire con le sfumature dei suoi colori. A Pierluigi Lavagnino i miei omaggi. Maria Pezzica
Cara Maria sono senza parole e molto orgogliosa del bel complimento che hai rivolto a mio padre. Non me l’aspettavo, sei una dolcissima birichina (lo dico con affetto).
Un caro saluto