Clearco e Paolo T. sono molto giovani e molto bravi. La costanza e l’accuratezza del loro approccio ha qualcosa di feroce, al di là dell’apparenza gentile e divertente del lavoro.
Un lavoro che si legge a strati, dall’ironia incisiva e immediata alle profondità più ostiche della filosofia, e che si sviluppa a puntate nel tempo come una lunghissima telenovela.
Ne sono previste infatti ventiquattro puntate, per altrettanti anni, ad inseguire come un sofisticatissimo grande fratello la vita e la ricerca dei due protagonisti.
Siamo ormai al quinto appuntamento dell’opera globale, e vale la pena riassumere le puntate precedenti.
Imprevedibilmente, come nelle fiction a tinte forti, i primattori sono scomparsi alla prima puntata: sfidando superstizioni e scaramanzia, i due artisti hanno intitolato nel ’98 la mostra d’esordio del ciclo “Clearco e Paolo T. stanno morendo ”.
Con la lucida conoscenza semantica che li caratterizza, l’invito alla mostra li fotografava come su una lapide, portando agli estremi il ruolo dell’artista come comunicatore. Qual è il destino del messaggio, al di là dell’intenzione di chi lo propone? La riflessione sulla compartecipazione di chi guarda al costante rinnovarsi della creazione e della vita dell’opera oltre il suo autore, mette in luce uno dei paradossi più sottili dell’arte contemporanea. La lettura presuppone infatti una definizione, che coincide con un limite: il lavoro parzialmente compreso e quindi circoscritto, non più opera esclusiva del fautore, sembra inconciliabile con l’idea dell’arte come libera ed anarchica.
L’anno successivo, Clearco e Paolo T. – al secolo Clearco Giuria e Paolo Tedeschi – hanno focalizzato la loro ricerca sui debiti intellettuali, sull’influenza che le grandi figure dell’arte, della letteratura, della filosofia e così via hanno sulla formazione dell’individuo. La mostra, intitolata “Due figli di ”, era un grazie ai ‘padri’ ma anche un’indagine sull’identità dell’artista come puzzle composito di stimoli e contaminazioni culturali.
Un’idea di artista ‘a pezzi’ resa estrema nel 2000, con la mostra “Spartizione o sparizione“ che, partendo dal simbolo estremo dell’eucarestia, raccontava la resa dell’artista al pubblico cannibale, a fronte di una scelta senza mediazioni: proteggersi come individuo e scomparire alla memoria collettiva, o lasciarsi spartire. Clearco e Paolo T. hanno scelto di farsi a pezzi, per fortuna solo in effigie, attraverso fotografie di parti dei loro corpi, ‘carne d’artista’ .
Il tema delle contaminazioni culturali è approfondito e ampliato nel 2001: “Noi c’eravamo ” indaga l’influenza prepotente della politica e la storia nell’opera d’arte, quasi una rivincita della collettività sulla gabbia narcisistica della ricerca espressiva individuale.
I due artisti hanno ideato e inciso un CD a tiratura limitata (50 copie), dove interpretano brani di loro composizione.
Il disco è ora in vendita da Leonardi V-Idea, e il ricavato è offerto dagli autori alla futura associazione in onore dell’indimenticabile Rosa Leonardi, recentemente scomparsa, che per decenni è stata il cardine entusiasta dell’arte sperimentale genovese e non solo.
L’iniziativa terminerà il 14 agosto all 21.00 con una performance di Clearco e Paolo T., che canteranno e suoneranno dal vivo.
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