Categorie: genova

Fino al 15.VI.2019 | Invernomuto, Med T1000 | Pinksummer, Genova

di - 14 Giugno 2019
Questi due agitano folle come le migliori superstar, e trattandosi d’arte contemporanea già non è poco. Poi chiacchierando con Antonella Berruti di Pinksummer veniamo a sapere pure che il curatore in carica della Biennale di Venezia, Ralph Rugoff, dopo averli adorati con Black Med a Manifesta 12 – Palermo pare sia andato molto vicino all’inserirli nella sua May you live in interesting times. I Simon & Simon all’italiana sono Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi, meglio conosciuti col nome unico di Invernomuto, due nativi eighties della provincia piacentina in grado d’intrecciare attualità, storia, futuro e nostalgia canaglia come non esistesse un domani.
L’ambientazione prodotta per la galleria genovese è un sottile equilibrio di rimpalli culturali,  allegorici e iconografici fondato su otto teste di moro in ceramica, otto vasi rigorosamente originali di Caltagirone che già per la scelta denotano quell’attenzione scrupolosa dell’artista ad ogni dettaglio funzionale al progetto sottolineata da Berruti. Med T1000 è un’installazione stringata nei suoi elementi, concentrata tutta sul valore storico-allegorico di quelle ceramiche prese e catapultate in una situazione assurda, dove anche la lavorazione “fatta a mano” – puntualmente indicata su ogni testa – entra di diritto a sancire l’origine di un racconto spostato nella sua geografia, calato nella penombra delle luci basse, in un contesto di rarefazione totale. Ma surrealmente kitsch, di un kitsch che è opulenza tipica della Sicilia islamica, dominata da quegli arabi che hanno contribuito a darci l’isola d’oggi, cannolo e cassata inclusi. I comunemente detti “mori”, tramandati nell’iconografia di effigi esotiche entrate tra gli usi e costumi, tra realtà, mito e folclore di una storia d’amore terminata con tanto di vendetta da manuale.
Invernomuto – Med T1000 – installation view – courtesy Pinksummer – photo Giulio Boem
Non c’è spazio qui per dipanarvi tutta la suggestiva vicenda della risoluta fanciulla palermitana e del giovane moro dalla testa trasformata in vaso, ma è utile puntare l’attenzione sulla sua iconografia, tramandata con l’alternanza di volti virili e femminili. Pari opportunità radicate in una cultura che Invernomuto ha sradicato, come una piccola diaspora che dal nord-Africa si spande verso il nord Europa. Toccando Genova, porto del Mediterraneo dove i mori ritornano “conquistadores”, ri-fondatori di un evoluzione visivo-culturale hackerata per mutare quelle otto teste di partenza in punti fermi di un dedalo “fluido”, ottenuto grazie a piedistalli di diverse altezze che ingannano una linearità di percorso. La percezione finale? Un effetto flipper che t’invita a girare senza una direzione precisa, implementato da una campionatura musicale proveniente nientemeno che dall’opera di un siciliano doc come Franco Battiato, traccia di un collettivo che punta grandemente sulle potenzialità pervasive del suono applicate all’universo del visuale.
Sofisticazione di una leggenda che per diventare Med T1000 è stata sottoposta a “tuning”, tagliando via tutti gli occhi – inclusi quelli azzurri della fanciulla narrati nella leggenda – e sostituendoli con laser a bassa frequenza. E questi nuovi occhi-laser sono tutto quello che finisce in “istici”: fantastici, avveniristici, anacronistici. Finalizzano l’installazione, sovvertono il finale della storia, “compongono” nel senso proprio del termine un lavoro che nel suo mix-and-match di stili, situazioni, epoche per l’ennesima volta conferma un assioma condiviso: non si esce vivi dagli anni Ottanta. Pare strano, ma in Med T1000 c’è posto pure per il decennio più rampante del passato recente; è impossibile non farci caso quando sul suo nome, già citazione del mitico cyborg Terminator. collima un intreccio di raggi laser dalla valenza coesiva, abilità che rende Med T1000 “delfino” di un robot protagonista dell’immaginario animato-fantascientifico dell’epoca. Chi si ricorda il componibile “Voltron” parte avvantaggiato perché, mutatis mutandis, gli otto elementi di Med T1000 per essere funzionali seguono la mutua unitarietà dei cinque leoni robot, per divenire soggetto unico di una trans-genesi vernacolare, androide venuto dal passato, creato nel presente e diretto chissà verso quale futuro. Così la sua storia parte dalla dominazione musulmana della Sicilia, fa una puntata a degli anni a cavallo degli anni Ottanta e si presenta all’oggi, al 2019 con tutto il suo background estetico-storico, un metabolismo di sistemi iconici destinati a travalicare ogni tempo.
Intanto che Med T1000 ti trattiene nelle sue grinfie dall’altra sala spunta il fratello, Med T-800, un Terminator disturbatore di ambientazioni che nessuno sceneggiatore avrebbe mai pensato per lui; una figurina dichiaratamente avulsa al contesto, appiccicata ad un vetro che a questo punto diventa parte dell’opera assieme alla cornice stessa. Con tutti i suoi eventuali barocchismi, per un insieme distonico quanto un cyborg che, fianco a fianco alla Lanterna, a seconda dei punti di vista può assumere l’aplomb del conquistatore venuto da lontano, o del turista in foto ricordo. Paradossale quanto i robot-vasi di Caltagirone in Med T1000. E la storia si ripete, come il loop di Battiato, da qui all’eternità.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 15 maggio 2019
Dal 18 aprile al 15 giugno 2019
Invernomuto – Med T1000
Pinksummer contemporary art
Palazzo Ducale – Cortile Maggiore 28r
Piazza Matteotti 9 – 16123 Genova
Orari: da martedì a sabato, ore 15.00 / 19.30
Info: tel. +39 0102543762; info@pinksummer.it; www.pinksummer.com

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