Scrive Jean-Charles Depaule che “Il verde, si trova nelle foto a colori e nei cliché in bianco e nero. Color verde: dei giardini in primavera, delle cose che cominciano ad aprirsi. Una storia d’aria e di esterni – siamo fuori. Nel verde vi sono molti giardini.”
Sono i giardini raccontati da Gladys, artista francese che dagli inizi degli anni ottanta, dopo aver vinto il Premio Niepce e la Borsa di studio “Villa Medici Fuori le mura”, ha inanellato una vivace serie di mostre in sedi importanti in patria e all’estero e pubblicazioni con case editrice prestigiose come le Edizioni Créaphis e le Edizioni Filigranes.
Il verde è per Gladys un fil rouge emozionante e il giardino un microcosmo amico, un regno libero di poesia e curiosità a misura d’uomo, o forse di bambino, nel quale fermare il tempo in repentine, inattese epifanie.
Una piccola lucertola tra le mani, dei palloncini che il vento gioca a disporre in geometrie insolite, l’esitazione di una ragazzina davanti ad una pasticceria chiusa… piccole storie uniche, ospiti di un luogo reale come il giardino reso irreale dallo sguardo dell’artista. Che ha gli occhi di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Come nota ancora Depaule, “A poco a poco, le immagini intessono storie (…). Storie grandi e piccole. Sorprese. Cosa ci fa la gallina sull’altalena? E il pesce che si acciambella sulla sedia di ferro a corolla?
Giocare. Correre nell’erba. Si trattiene il fiato, ci si ferma un istante, si spinge la porta del giardino, guardando da lontano, o da vicino, indovinando. Ci si ricorda, si guarda.”
Gladys usa la fotografia come se dipingesse: compone nature morte vive, con pesci attoniti e altri protagonisti involontari, o crea ritratti intensi scalpellati da luci barocche.
Qui il colore verde è in realtà più sottinteso, suggerito che reale: è il verde delle “Vocali” di Rimbaud, che l’artista astrae dal bianco e dal nero in un linguaggio di simboli decrittato dalla memoria, che attribuisce la qualità cromatica. Così il procedimento consueto della percezione del colore non viene qui dato per scontato, ma diventa il cardine di una ricerca più emotiva che analitica, di suggestioni e poesia.
Nel ricordo affettuoso di un’infanzia in Algeria, di luoghi luminosi e sereni travolti dalla guerra e dalla povertà. Perciò per Gladys “Il verde è il colore della vita, nel verde c’è molta acqua.” E – spiega Jeanne Fouchet Capo redattore di Paris Photo Magazine – “dal color verde al bianco e nero, le fotografie di Gladys sono allo stesso tempo documentarie, perché provano il tempo e la memoria; soggettive, poiché traducono un universo; realiste, perché attingono dalla realtà ciò che è visibile; poetiche, perché inventano un nuovo linguaggio, nato dallo sguardo sensibile e acuto di una artista che reinventa continuamente un mondo che è il nostro, perché è quello della vita.”
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