Da anni offre paesaggi “agli antipodi del pittoresco” tra i migliori su piazza, status symbol per chi adora crogiolarsi di fronte ad ambientazioni stile Independence day. Cuore dark e fotomontaggi mozzafiato per Giacomo Costa (Firenze, 1970), che prosegue sul collaudato filone delle catastrofi fotografiche previa revisione tecnica, alla ricerca di un additivo consono a dare spinta e sostanza al pathos elegiaco di cui il nostro è assoluto maestro. A tenere banco nella nuova personale – e dare una smossa in senso più che figurato ai suoi habitat sub-umani – è infatti il videobox, neologismo che intrecciando termini cari alla contemporaneità mette in atto la resilienza di Costa di fronte all’uso del lightbox, come a quella di diventare tout court un videoartista.
Quando l’apparenza fa la differenza arrivano i videobox, che agiscono latentemente, ai margini dell’istantanea con la loro “staticità dinamica”, un loop lento di fotogrammi che «Non hanno inizio e fine, non raccontano alcuna storia, poiché questo per Costa sarebbe stato troppo didascalico» racconta Chico Schoen. Una fruizione iper-diluita nel tempo, quasi pensata per farsi gabbo di uno spettatore che non si troverà mai – perlomeno nell’arco di 2/5 ore, le durate variano da lavoro a lavoro – a contemplare lo stesso scenario. Costa ha fatto di testa propria, non conformandosi alle formule già esistenti se n’è inventata una a misura, una crasi verbale-ottico-sensoriale, chiusa in scatolotti illuminati che valorizzano in maniera ottimale la presenza plastica delle sue ambientazioni apocalittiche. Come il più illusionista dei fotografi ha lavorato sui topoi, su quegli scenari divisi tra cieli azzurrini pieni di nuvolette simil-pannose che inconfondibilmente dividono la scena con superfici viscide roccioso-melmose, skyline per cui l’operazione videobox ha necessariamente rimodulato dinamiche percettive. Tanto che ognuno di questi potrebbe sembrare un prototipo pronto a sviluppare ambientazioni in realtà virtuale scala 1:1. Chissà che Costa non ci ragioni in un prossimo futuro.
Giacomo Costa – Timelapse n.8 – Videobox – cm 44×78 – 2h 5′ – courtesy Guidi & Schoen
Se comunque l’idea di tuffarvi in contesti da brivido vi alletta, ma siete pure impazienti cronici, ora come ora ci si può accontentare di Timescape n.2, sistemato nei bassifondi della galleria, in una soluzione solitaria che tra pareti ruvide, laterizi ed un filo di luce rende ancora più coinvolgente-cinematografica l’esperienza videobox. Effetto collaterale per tale allestimento è produrre un distacco di proporzioni siderali dalle tre grandi stampe su alluminio estratte da singoli frame, nate come «Un esperimento, Timescape n.2 è il primo videobox» racconta Schoen, che a riguardo aggiunge «Costa non ha voluto stampare altri frame dei video, sarebbe stata un’operazione troppo commerciale».
Fotografia e videobox corrono su binari paralleli e complementari, ma – come si è capito – anche ben distanziati. E mentre la prima ci mette tutto un glossario di base, il secondo lavora per riscriverne i termini, snocciolando ipotetiche “scene da un videogioco” dove l’approssimarsi dell’alba illumina un contesto in cui la finzione è l’unica realtà (con Timelapse n.8 pare di risvegliarsi nel primo Resident Evil, i cultori della materia sapranno), oppure descrivendo l’ecosistema per un piccolo vulcano carico di fumo piro-plastico molto plastico (Timescape n.10), tra i best seller in questa saga utopico-futuribile quantomai attenta al passato. E non avete letto male, al passato, poiché mai come nell’era del videobox Costa si presenta da contemporaneo tecnicamente cresciuto sui predecessori, rintracciando una profondità paesaggistica alla Giovanni Bellini, tendente più volte alla prospettiva aerea leonardesca. Un passato che per concezione stride con l’opprimente facciata a perdita d’occhio di Atmosfera 1, loop – stavolta puro-fotografico – prospetticamente scivoloso, instabile come le tracce di una civiltà chiusa tra le luci accese, le parabole agganciate e le unità esterne dei condizionatori sospese alle finestre. Camera con vista sull’orlo del baratro, e senza via d’uscita.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 3 novembre 2018
Dal 6 ottobre al 17 novembre 2018
Giacomo Costa – Time(e)escapes
Guidi & Schoen
Piazza dei Garibaldi 18r – 16123 Genova
Orario: da martedì a sabato ore 10 – 12.30 / 16 – 19; giovedì 10 – 19
Info: tel. +39 0102530557; info@guidieschoen.com; www.guidieschoen.com