“Unrevealed Arguments – 1995/2001”, la mostra personale di Alberto Trucco proposta da Rebecca Container Gallery in Piazza Grillo Cattaneo 2r, è davvero una mostra spiazzante.
Se il primo impatto è quello di un allestimento di design minimale, dalle luci morbide e soffuse, una seconda occhiata costringe a rivedere, letteralmente, le proprie impressioni.
Il lavoro di Alberto Trucco pretende molto da chi vi si avvicina: come in una sorta di gimcana percettiva, l’osservatore deve superare barriere e preconcetti, combattere per guadagnarne la visione.
Universi sommersi, nascosti da vetri opachi o veli, catturano lo sguardo e lo costringono ad andare al di là per accedere ai loro segreti, a tentare di penetrare i rari spiragli e forzare la vista oltre le barriere.
Emblematica l’installazione “Ring – madre archeologica”, una teca che protegge dagli sguardi le estreme violenze di un interno borghese riprodotto in miniatura. Ed anche la scena di un omicidio diventa graziosa, quand’è velata e inscritta tra le pareti grigiobianche semitrasparenti.
Affabulatorio e sottilmente inquietante, il lavoro di Trucco ha un’origine affascinante, che riporta ad una storia familiare da sempre vicina all’acqua e alla profondità: infatti, come nota Massimo Palazzi, “il nucleo tematico cui attinge l’opera di Alberto è comunque il mare con tutte le rêverie che scaturiscono dalle acque profonde. La sua esperienza di tuffatore professionista a contatto con il mondo olimpionico ed il ricordo del padre sommergibilista potrebbero bastare a capire gran parte del suo lavoro, influenzato anche formalmente dalla pratica del mondo sommerso.”
Quest’approccio è evidente nella serie di occhiali schermati “Visione celata – volontà rivelata”: lo spettatore può indossarne un paio, ed essere così violentemente proiettato in un mondo liquido di nebbia e latte cieco e spietato dove, privato di ogni coordinata spaziale, è costretto ad indagare nelle proprie potenzialità percettive, scoprendo magari nuovi canali.
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