Viaggia su binari paralleli l’arte di
Ina Bierstedt (Salzwedel, 1965; vive a Berlino), pittrice tedesca che, attraverso una decina di opere, viene ospitata per la prima volta in Italia con una personale. Da un lato propone, infatti, il vitale magma dell’informe; dall’altro ne distende l’impeto pittorico in isole di figuratività.
Occorre avvicinarsi fisicamente ai dipinti per carpirne il segreto e accorgersi che non si tratta di semplici paesaggi fitomorfi: al dettaglio si percepisce un brulichio decisamente sperimentale che, mantenendo come riferimento tutte le più comuni pratiche dell’Informale o addirittura dell’Espressionismo astratto, ha la capacità di attrarre lo spettatore nei meccanismi del procedimento pittorico.
Ad aumentare lo straniamento di sferzate, colate e rimescolii ibridi fra acrilici, olio e acquerelli, le apparizioni improvvise di strutture figurative. Che si leghino con più convinzione al contesto – come nel caso di un tronco d’albero che emerge, passando quasi inosservato, dal marasma pittorico – o che s’impongano solitarie e “fuori luogo” – come le strutture architettoniche dal design regolare e tagliente -, questi barlumi di reale costituiscono enigmi irrisolvibili.
Mondo in dissoluzione, brulicare virulento che ingloba in previsione di una totale scomparsa o fioriture di un avvenire in costruzione? Difficile a decidersi, anche perché lo spazio di Bierstedt rimane totalmente impraticabile, epifania di un mondo in cui non esistono coordinate prospettico-spaziali.
La non-narratività, l’apparente mancanza di una
consecutio logica rimanda ulteriormente la soluzione: non racconta fatti l’artista, non suggerisce interpretazioni catastrofiche né salvifiche. Anche la scelta delle strutture che prendono consistenza risulta casuale, derivante da una particolare abitudine dell’ispirazione artistica, che porta l’autrice a collezionare immagini tratte da riviste di bricolage.
Non resta che indagare con curiosità partecipe la superficie pittorica; confondere lo sguardo tra le fusioni di colori freddi, quasi vegetali, che nel loro rimescolarsi irregolare subiscono le ferite di pennellate grafiche, di schizzate liquide improvvisate, di abrasioni provocate da carta a vetro. E accogliere come accidenti naturali il farsi nitido degli elementi.