Al bando la solita retrospettiva con tante opere, magari in alcuni casi anche un po’ forzosamente inserite. Più che le opere, a Palazzo Ducale sono in mostra vita e pensiero di un uomo che in soli trentaquattro anni ha saputo lasciare un’impronta indelebile nella scena internazionale. Su Yves Klein (Nizza, 1928 – Parigi, 1962) c’è abbastanza da dire e da sapere per non ridurlo semplicemente all’artista dei “monocromi” o delle “antropometrie”, ed abbastanza anche per non fare l’ennesima esposizione di facile presa. Questa, diciamolo subito, non punta sui grandi pezzi dal richiamo ultrapopolare, risolvendo il tutto in un bell’equilibrio di foto, video, documenti, con l’aggiunta di progetti e disegni realizzati dell’artista. I lavori più conosciuti di Klein sono assenti, quindi gli irriducibili del “ci vogliono le opere famose in mostra” sono avvertiti, qui l’accento è volutamente spostato dall’opera alla creazione come processo mentale, dal punto d’arrivo alla strada percorsa per arrivare fino a quel punto; in un itinerario espositivo fondato su semplicità e chiarezza, privo di “sbavature” troppo evidenti.
Dall’incipit già si percepisce il taglio della mostra, volutamente a 360 gradi sull’artista, come dire “Klein personaggio internazionale, ma anche un uomo privato”: la famiglia Klein è riunita dai dipinti di mamma Marie, di papà Fred e dalla lettera autografa in cui Yves narra ai genitori del suo viaggio in Italia nel 1948. Si entra successivamente nel vivo, con numerose fotografie che mostrano un Klein “giapponese”, tutto intento nell’esecuzione dei Kata, mentre per la parte documentaristica spicca il libretto sui fondamenti del judo scritto dall’artista ed edito nel 1954; degno di nota anche l’apparato audio in sottofondo, che tra vari accompagnamenti musicali include le sonorità del judo, quanto basta per ricreare una suggestione non solo visiva di quei movimenti e cadute che tanto hanno ispirato l’attività artistica di Klein. Dal judo ai corpi utilizzati come pennelli umani delle antropometrie, il passo appare davvero breve: nei video e nelle grandi fotografie bianco e nero che tappezzano i pannelli bianchi della mostra, è di scena un Klein non più in judoji, ma in smoking, intento a guidare le “sue” modelle nei corpo a corpo con le tele appese o stese in terra.
Tra le testimonianze: degli interventi al teatro di Gelsenkirchen ed i visionari “rituali di cessione delle zone di sensibilità pittorica immateriale” (con tanto di blocchetto delle ricevute dentro la teca); trovano posto anche le opere dell’assistente e successivamente moglie di Klein, Rotraut. Ad arricchire la parte spiccatamente “intimistica” della mostra, non mancano reperti come il video del matrimonio tra Yves e Rotraut, o l’ex voto (in fotografia) lasciato dall’artista al monastero di Cascia nel 1961.
Sul finale, la menzione d’onore spetta alla grande vasca piena di pigmento International Klein Blue, spettacolare summa perfettamente inserita tra gli affreschi seicenteschi della Cappella del Doge. Ma saltarci dentro non è possibile, perchè i salti, insegna Klein, si fanno solo nel vuoto.
andrea rossetti
mostra visitata il 14 giugno 2012
dal 6 giugno al 26 agosto2012
Yves Klein – Judo e teatro, corpo e visioni
a cura di Bruno Corà e Sergio Maifredi
Palazzo Ducale
Piazza Matteotti 9 (16123) Genova
Orario: da martedì a domenica, dalle 11 alle 19
Ingresso: intero € 6, ridotto € 5
Info: 0105574064/65 – www.palazzoducale.genova.it – palazzoducale@palazzoducale.genova.it