Gli occhi sono una parte del corpo fondamentale per relazionarsi con l’ambiente esterno e recepire delle informazioni primarie. Tuttavia non servono solo per guardare: a volte “parlano” anche, e hanno tanto da dire, basta saperli interpretare. Lo dimostra Vania Comoretti (Udine, 1975) che ha dedicato una parte della propria attività artistica a quest’organo tanto complesso quanto espressivo; ponendo un’attenzione particolare all’iride, la zona che con le sue molteplici sfumature di colore si può considerare la più pittorica. Tutto è raccolto in una mostra che non sfocia nel voyeuristico “occhio che guarda dal buco della serratura” presente in tanta filmografia, ma che piuttosto da l’opportunità di attivare, attraverso l’arte, un’esplorazione sull’uomo un po’ diversa dal solito. Immagini di volti, occhi ed iridi, realizzati con estrema perizia e riuniti in sei installazioni utili a tessere le fila di altrettanti percorsi; non semplicemente occhi sparsi qua e là, ma più complesse scomposizioni di volti che vedono l’iride come ultimo approdo di un’analisi arrivata al particolare partendo necessariamente da un contesto più generale.
Ogni opera rappresenta una persona, o parte di persona, appartenente alla cerchia di conoscenze della Comoretti; lo spettatore inevitabilmente entra in contatto con tutti questi soggetti appena mette piede in sala e, se vuole, ha anche l’occasione di conoscerli più a fondo, di capirli meglio, di cogliere i legami tra essi. Volti, occhi, e iridi che vanno scrutati attentamente, analizzati a fondo, altrimenti si rischia di perdere finezze significative come le piccole e leggere vene, le differenti dimensioni delle pupille o le caratteristiche rugosità delle palpebre. Dettagli, dunque, che permettono a questi occhi di esprimersi appieno, senza rubare loro neanche una “parola”. Banditi così gli sguardi superficiali, e tolta dalla testa l’idea che una mostra breve sia possibile guardarla in cinque minuti, va sottolineato un particolare molto intrigante: alcuni occhi, nello specifico quelli più lucidi, presentano il riflesso dell’artista a lavoro. La Comoretti coinvolge se stessa e, allo stesso tempo, lo spettatore, in quegli sguardi; dandogli la possibilità di guardare attraverso quegli occhi e oltrepassare il “faccia a faccia”, o meglio “occhio a occhio” (ma, perché no, anche “iride a iride”), che si attiva ad un primo approccio con essi. È lo sviluppo ulteriore di un’incessante gioco delle parti tra chi è ritratto e chi gli è di fronte, tra chi guarda e chi è guardato; un intreccio sempre più ampio, rivelatore del grande potere che hanno gli occhi.
andrea rossetti
mostra visitata il 17 febbraio 2012
[exibart]