Luigi Russo è molto giovane, è nato a Genova nel 1974, ma ha già raggiunto uno stile originale e riconoscible: le opere esposte allo Studio Ghiglione, in Piazza San Matteo 6 B rosso, tracciano un percorso omogeneo e maturo.
La mostra, intitolata “Nel sogno, la memoria della realtà”, sembra raccontare un diario a fumetti, un inquietante colorato mosaico d’immagini che evocano un mondo irreale eppure a tratti percorso da forme parzialmente riconoscibili, da veloci guizzare di ruote o da sagome deformate di sedie e scrivanie.
Le forme modificate dal movimento e dal colore, alterate dall’occhio dell’artista, sono rese paradossalmente “reali” dal tipo di tecnica che Russo predilige: l’artista sceglie una pittura rigorosa, in genere ad acrilico su tela, una pittura che si finge figurativa e a tratti giunge fino a sfiorare il naif.
L’artista gioca con un approccio cartoonesco, insiste sul nitore dei contorni neri spessi e le campiture piatte, per poi sorprendere chi guarda con impreviste sfumature pastello, per attaccare sottilmente con l’indefinita suggestione di forme che evocano realtà inquietanti e celate.
Così, i dipinti di Russo sembrano ritrarre un “mobilio mutante” prepotente e minaccioso, pronto ad aggredire prendendo vita dalle profondità silenziose del sogno.
Come scrive Germano Beringheli nel catalogo, quella di Russo è una pittura dura, “di azione, radicale proiezione del sé, esperienza del reale e memoria del sogno; vitalistica, implicante persino il corpo fisico della sua stessa struttura.
Drammatica e evidente, deformata e deformante, colma di disagio e di ribellione.
Dai buchi neri che emergono dalle pulsioni profonde dell’inconscio agli spazi degli interni deliberatamente svuotati, ai colori, per quanto concerne il loro simbolismo, il rosso e il nero, i gialli fruttati da una complementarità che palesa l’opposizione della luce e dell’ombra. Emblematica, anche, con allusioni a una violenza monumentale, dialettica in una sorta di meccanica artificialità che incombe istantanea sullo spazio”.
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