Uno sguardo, un cromatismo, un effetto quasi tattile si legano in un osmosi che cattura lo spettatore. Con Mixed Media Massimo Festi (n. 1972) ripropone attraverso la tecnopittura la sensazione delle pennellate, rappresentando paesaggi interiori che non nascono da un viso, ma che rendono quel viso elemento significativo. La percezione di ruvidezza si accompagna ad un volto segnato e pensoso, lo sguardo intenso nell’Ulisse ci raggiunge attraverso l’intensità del viola con una trama fatta di segni determinati, a tratti violenti. La stampa mimaki su pvc, con l’esaltazione dei colori che ne deriva, rende ancora più emotivo l’impatto con le opere. Diverse identità o momenti intimi si aprono ai nostri occhi, che ne apprezzano le sfumature.
Se con Massimo Festi i lineamenti umani vengono caricati di tutto il loro spessore, in uncommonpop di Matteo Farolfi (n. 1972) l’immagine umana viene svuotata, banalizzata, decontestualizzata. Qui l’attenzione viene catturata non più dagli sguardi ma dai sorrisi, abbondanti e inutili. Non più visi, ma facce che spuntano in un melting pop fatto di scritte, disegni, fotografie, ritagli della nostra società. Qui l’evocazione non riguarda più mondi privati ma richiama ad un anima collettiva fittizia e artificiale. Le tecniche utilizzate dall’artista sono le più varie: collage, digitale, transfer, pittura ad olio. E’ soprattutto attraverso quest’ultima che emerge l’inquietudine di Farolfi e la sua visione claustrofobica della società.
La fotografia è invece la tecnica espressiva di Etienne Zerah (n. 1977), artista emergente sul quale Federica Barcellona e la sua galleria puntano molto. Con Zerah il corpo umano, quasi sempre maschile, armonioso, efebico, diviene esso stesso materiale da plasmare, tela su cui imprimere la propria simbologia. Si tratta di performance di cui la fotografia diviene tramite. Anche Zerah comunica attraverso l’elaborazione digitale, come nel trittico il giornalista, un’immagine degna delle pubblicità di Calvin Klein a cui si sovrappone l’orrore del sangue e dei cadaveri, il ritratto di una bellezza molle disturbata dalla turpitudine della morte.
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daniela mangini
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