Il colore è identità. È qualcosa che distingue, che qualifica. È forse per questo che sono così brillanti e intensi i colori -quasi sempre pastelli- con cui
William & Blake (Sheffield, 1981) costruisce i suoi animali, tratteggiati sullo sfondo già cromaticamente saturo della carta colorata. Solitari o in gruppo, sono forme profondamente individuate, vitali, corporee anche quando sono morti o morenti. Presenze concrete, che occupano con sicurezza lo spazio del disegno e che, in qualche caso, sono affiancati -o, meglio, sovrastati- da una sorta di alter ego disposto nella parte superiore del disegno.
Che sia l’anima ormai libera dal corpo oppure una visualizzazione del pensiero, in
Cetacean on fly,
Bye-bye pussy e
Deer vision questo doppio mentale o spirituale è costruito con un segno chiaro, che acquista una lucentezza da pietra preziosa sul fondo scuro della carta colorata e in contrasto con i colori dei corpi degli animali, fino a essere percepito come bianco. Bianco perché leggero, immateriale, è il primo pensiero che viene in mente. Il bianco però non è una sostanza priva di colore; anzi, è ciò che si ottiene sommando tutti i colori, uno sull’altro.
È allora come se abbandonare il corpo, questo corpo così concreto, così unico, così pieno, fosse la strada verso una complessa e infinita stratificazione d’idee ed esperienze, che non ha niente a che vedere con l’individualità ma neanche con l’inconsistenza che in genere si attribuisce all’anima o al pensiero. William & Blake esprime con mezzi cromatici l’abbandono dell’individualità, rendendolo l’attimo che apre le porte alla completezza, alla totalità. Anche lo pseudonimo dell’artista è ottenuto prendendo un nome, dunque l’indice di una soggettività -non a caso, oltretutto, il campione di una certa soggettività inquieta e allucinata- e rendendolo qualcosa di più generico, quasi di astratto.
L’opera che dà il titolo alla mostra,
Bodies to lose, appartiene tuttavia a un ambito diverso, più contemporaneo, come nota la curatrice. Più fotografico il taglio che, anziché centrare il soggetto come avveniva nei precedenti disegni, taglia il retro di un camion aperto da cui escono corpi di maiali riversi, obliqui, ammassati, privi di quella pienezza che caratterizzava gli altri animali. È un altro mondo, in cui “
gli animali divengono merce”. Non sono più emblemi di soggettività. Inutile allora cercare qualcosa che, sopra di loro, apra verso un’altra dimensione.