Sono donne fotografate ormai davanti allo specchio, oppure appena prima di entrare nei bagni di un importante festival gotico di Lipsia, le protagoniste delle foto di Serena Zanardi (Genova, 1978) in mostra nello spazio espositivo della galleria-appartamento PerForm. Sono dark, vestite e truccate nei modi che una cultura da tempo uscita dall’underground ci ha fatto conoscere e, in parte, ci ha reso familiari. Qui tuttavia non sono le notazioni di tipo sociologico o culturale prevalere. Sara Zanardi ha piuttosto colto, in scatti improvvisati e improvvisi, attimi che diventano emblematici, definitivi, sospesi sulla soglia oppure nel momento del passaggio. L’ambiente stesso non ha niente di aneddotico ma, spogliato di ogni altro particolare, si riduce a un insieme di porte, superfici specchianti, linee rette, rettangoli di neon. Tre delle foto in mostra, stampate su banner di grandi dimensioni (un metro e mezzo per due), sono appese alla parete in modo da scivolare fino a terra. Al centro figure che, in fondo a un corridoio, aspettano di varcare l’ingresso. A volte guardano verso l’osservatore, altre sono completamente prese dalla destinazione. Una di esse è già per metà risucchiata. Il modo stesso in cui le foto sono presentate ne aumenta la carica allucinatoria. Se guardate dal basso verso l’alto assumono infatti l’aspetto di elementi germinanti, pareti sottilissime e permeabili che nascono da terra per sostituirsi a quelle esistenti.
Nelle altre quattro foto, di dimensioni più piccole, le donne sono di schiena davanti allo specchio oppure ormai solo nello specchio, dall’altra parte.
Alice, un’Alice vestita di nero, è già riuscita ad attraversare il sottile strato riflettente. In Pvc, per esempio, della ragazza fotografata di schiena vediamo un solo immenso occhio, sbarrato, riflesso nello specchio. E se la curatrice nota come le foto siano costruite sul contrasto cromatico tra gli spazi bianchi e le figure nere, si potrebbe aggiungere che sottili rapporti formali si creano tra la massa viva e mobile delle figure e lo spazio quasi astratto, geometrizzato, composto dal reticolo di linee formato da porte, piastrelle, pareti, compatte pile di salviette, lastre di specchi. Linee che in Pink hanno la meglio sul viso della donna fotografata, riflesso da due lastre contigue e perciò attraversato dalla fenditura tra esse. Affianca le foto un’installazione di otto piccole statue di ceramica, alte una trentina di centimetri, disposte su un tavolo quadrato di ferro nero col piano a scacchi bianchi e neri.
Le statue rappresentano personaggi, appartenenti anch’essi al mondo dark, realmente esistenti. Di nuovo le figure sono immerse in uno spazio altro, geometrico. A formare un universo chiuso e indipendente.
donata panizza
mostra visitata il 2 luglio 2007
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