A Genova Giacomo Costa presenta alcune opere –tre lightbox e una decina di stampe digitali– della sua ultima serie, “Vertigine”.
Ancora una volta il giovane artista fiorentino si misura con la rappresentazione delle architetture urbane: il nuovo ciclo propone prospettive impossibili di scorci metropolitani, popolati da grattacieli arditissimi, che sembrano sfidarsi in una folle corsa verso l’infinito. I nuovi lavori, come suggerisce efficacemente il titolo della serie, suscitano nello spettatore un immediato senso di vertigine: una vertigine che non si esaurisce solo nelle altezze improbabili degli edifici, ma che scivola veloce anche lungo
Il materiale con cui Costa costruisce le sue megalopoli è fotografico. Sono fotografie di edifici esistenti, su cui l’artista interviene successivamente con programmi di progettazione architettonica e fotoritocco. L’immagine di partenza viene trattata come un modulo da reiterare ossessivamente in tutte le direzioni; viene manipolata finché non vengono meno quei caratteri che ne permettevano l’identificazione con l’originale. Spesso al dato reale viene sovrapposto un elemento astratto: gabbie, griglie, intrecci metallici disegnati al computer, che ricordano per la loro texture digitale gli intricati circuiti di Matrix.
Grazie a questa tecnica, il lavoro di Costa supera l’opposizione tra realtà e finzione: la personale riflessione dell’artista sul problema scottante dell’edilizia selvaggia
il grande assente? Senz’altro l’uomo. I paesaggi metropolitani di Costa sono strutture essenziali prive di stringenti riferimenti storici e culturali, che parlano di un’umanità alienata, incasellata in immensi alveari. La desolazione di questo scenario apocalittico postindustriale sembra profetizzare la morte dell’individuo, che si esprime nell’omologazione della funzione abitativa.
Costa sviluppa il razionalismo architettonico fino a mostrarne l’esito paradossale: esasperando il concetto di funzionalità mediante la ripetizione ossessiva del medesimo modulo giunge a capovolgere quello che sembrava un principio d’ordine in un caos irreversibile. E’ la progettazione razionale in un incubo.
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