È una Cina dal sapore antico con retrogusto moderno, quella che viene fuori dal ritratto esposto al museo di Villa Croce, un centro d’arte contemporanea singolare, rinato grazie ad alcuni appassionati e diretto con cognizione di causa. A conclusione di quattro anni di manifestazioni, dedicate dalla Superba alla tigre asiatica, questa collettiva informa sulle evoluzioni delle arti visive a partire dalla fine del comunismo sovietico, con la caduta del muro, fino al recente avvento del comunismo cinese, apertosi al libero mercato. Una rassegna che raccoglie installazioni, video, pittura, scultura, calligrafia, fotografia, grafica e performance attorno al tema dell’avanguardia, nome che in Cina significa arte contemporanea tout court.
L’impatto simbolico del miracolo giallo si riflette nei lavori di molti degli oltre venti artisti presenti, a cavallo fra tradizione e nuovi linguaggi. Molti giovani utilizzano la koiné “pop” come una leva critica, con il ritratto di Mao che torna in lavori figli di un’ossessione totalitaria non ancora placata.
Ne sono un esempio la scultura rossa di
Ma Han, in cui il padre della patria spalanca la bocca e libera spettri erranti, o le statuette gadget in vetroresina di
Liu Bolin.
La mostra si pregia di un omaggio ai classici dell’arte contemporanea cinese, come
Gu Wenda, autore di grandi installazioni di segni;
Xu Bing, videoartista che tutua i maiali;
Chen Zhen, l’artista medico e filosofo che crea tamburi e grandi teche dedicate alla tradizionale cinese;
Cai Guo-Qiang, maestro di fuochi d’artificio e polvere da sparo. In realtà questi artisti, nei cui lavori si percepisce la forte presenza della cultura cinese tradizionale, hanno vissuto e prodotto fuori della Cina, influenzati profondamente dal proprio stato di “esuli” in Occidente. Sono i maître-à-penser della generazione a cavallo del muro di Berlino, dopo la quale giunge la generazione post-ideologica dell’utopia, del sogno e del mercato, cresciuta in patria e spettatrice di un mondo fatto di consumi, visioni patinate e miti del successo. Reagiscono con una pop art critica e ironica, come nei manifesti di partito contaminati dai marchi di multinazionali occidentali di
Wang Guanji, oppure con il movimento della
action art & behaviour photography, in cui spicca il ruolo del corpo, spesso segnato o dipinto, come motivo portante di una nuova estetica della liberazione.
Nei lavori di
Zhang Huan,
Huang Yan o
Huang Qingsong, già noti in Italia, si esprime un azionismo originale, in cui il corpo assume nella propria evidenza il ruolo di “testo”, ricettacolo di segni e campo d’esplorazione visiva.
Organizzata da istituzioni impegnate nello studio della cultura asiatica, la mostra si presenta suddivisa in epoche e stili, con un taglio storico critico ben documentato nell’ampio catalogo.