Il primo impatto con le opere di
Vania Comoretti (Udine, 1975) suscita un senso di sottile disorientamento. L’occhio percepisce le forme e le luci dei volti delle donne ritratte in close-up, ma la mente fatica a catalogare tutti i dettagli e le informazioni presenti nell’immagine. I visi sono segnati e le pupille liquide. L’iperrealismo dell’immagine si stempera in un senso d’irrealtà. Il soggetto che si ha di fronte è un paradosso visivo: il ritratto di una giovane donna invecchiata ad arte con una tecnica che interviene sull’immagine fotografica, riproducendola in ogni singolo centimetro quadrato tramite un disegno minuzioso, eseguito con pastelli, china e acquerelli, che giunge ad arricchire il ritratto di nuove sedimentazioni. Questa vecchiaia diventa così una maschera di segni che rendono i visi sofferti e aulici, estranei e innocenti.
Comoretti lavora meticolosamente sui volti muliebri, costruendo serie dinamiche di ritratti. In mostra espone un trittico,
Whisper, che ritrae il volto di una giovane donna in tre espressioni lievemente diverse. È appena un accenno, un’idea interiore che affiora nel taglio degli occhi, sulla curvatura delle labbra.
È il gioco del minimo spostamento che lascia trapelare intenzioni e discorsi interiori divergenti. In questo lavoro di analisi ossessiva, di dissezione ostinata dell’espressione umana, Comoretti appare come un’artista interessata ai sommovimenti dell’interiorità. Ne cerca i segni sui volti, come avviene anche nella serie
Shadow, cinque ritratti illuminati da una luce livida, battente di traverso. Anche qui l’opera è un insieme di ritratti che si offrono in successione, come una serie di fermo immagine tratti da un’intervista, come se l’artista riprendesse le pause di una confessione, in cui il soggetto si espone come pelle, occhi, sguardo.
Rotazione arriva fino a otto immagini che riproducono la rotazione di un volto femminile ammiccante. La luce negli occhi, la consistenza delle labbra e la pelle lavorata di cesello, graffiata e graffiante, concorrono a fare delle visioni di Comoretti altrettanti spunti di contemplazione in cui la bellezza è un cantico dell’interiorità, dove malinconia e speranza, promessa e invito, tristezza e ricordo si fondono nei sospiri che la seduzione dell’immagine può produrre, come in questo caso, un buon esempio di gusto, compostezza formale, intelligenza visiva e sensibilità emotiva.
Suggestive anche le immagini della serie
Intra, ossia piccole parti del corpo segnate da monili. Quando un bracciale o un orologio da polso vestono stretti, lasciano un segno sulla pelle. Comoretti ritrae questi segni e li compone in piccole opere, frammenti di un discorso amoroso nei confronti della pelle come tessuto che assorbe il vissuto, come un libro che accoglie segni fragili.
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E'l'artista che l'Italia attendeva da anni, un iperrealismo al di la della realtà stessa che attraverso la maschera del volto cela ogni oscura verità dietro all'apparenza visibile dei segni del tempo sulla pelle.
Sguardi che lascian trasparire l'essenza della condizione umana, un solo concetto limpido appare dal fondo di queste pupille: tutto è fragile e vano, niente ha significato.