Definitivamente liberate dal peso delle leggi della prospettiva, le sculture di Carlo De Meo (nato a Maranola, Latina, nel 1966 dove vive) si perdono ormai completamente nello spazio. Quei postulati che miravano a ricreare sulla superficie bidimensionale della tela o del rilievo la profondità dello spazio reale, vengono di colpo annullate.
L’artista stavolta detta la sua di legge e dà il suo punto di vista: così la scultura perde la sua terza dimensione e diventa un’immagine. Ma un’immagine che bisogna “cercare” perché è “persa” nello spazio. Infatti non è un ripostiglio, quello che si vede entrando nella galleria: è un’intera stanza il cui spazio è completamente assorbito dalla scultura che, come ‘una venere degli stracci’, troneggia tra la scatola della camomilla, quella della stampante e quella della colla. L’impressionista diventa così anche un’installazione site specific, gemella-diversa di quella realizzata appositamente per la copertina di Exibart.onpaper numero 19. Gemella diversa perché parte sì da quella (anche materialmente, perché le parti che compongono questa versione genovese, sono “riciclate” quella versione) ma è qui contestualizzata in un diverso scenario.
Indagando i diversi livelli del reale, De Meo infatti si perde in essi, ed è “un perdersi come scoperta di qualcosa che trovi solo se ti perdi” dice “u
Il filo rosso della mostra è dunque il concetto del ‘perdersi’, riflessione espressa in tutti i lavori esposti che, con drammaticità o con ironia, danno corpo ai pensieri dell’artista. Perdere quelle certezze che hanno costruito il sistema economico-politico-culturale soprattutto del mondo occidentale, per giungere, perché no, ad una terza via. Certezze che è vero che ci proteggono ma allo stesso tempo ci bloccano, ci legano come dei BOMBoloni.
Concetto di fondo che viene quindi scandagliato nelle sue possibili sfumature. Tra cui anche quella della “vendibilità”, dell’arte o dell’artista. Così cinquantaeuroalchilo è un’opera che si vende “a peso” e per questo è un’opera “appesa” per la giacca. Il costo dell’opera è facile conoscerlo, eseguendo l’operazione indicata dal titolo. Ma attenzione: i chili sono quelli reali dell’artista. Quindi chi viene venduto: l’artista o l’opera? Vendere quest’ultima ad un altro prezzo significa vendere un’altra cosa, perché un prezzo diverso fa sì che l’opera non esista più. Pienamente responsabile della propria arte, De Meo, costante soggetto delle sue sculture, si mette in discussione. E, alla fine, “si vende”.
daniela trincia
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