Oddio, Matteo Negri (San Donato Milanese, 1982) è cresciuto! Apriamo intenzionalmente con quest’enfasi un filo eccessiva per via dei tempi, che hanno reso la maturazione artistica di un enfant prodige evento su cui i bookmakers hanno poco da lavorare. La reazione quindi va di conseguenza.
Come uno spartiacque, la mostra “Primo piano” si fonda sulla certezza che il nostro milanese sia passato dal sentirsi ragazzotto legato ai sollazzi pratico-estetici dei lego ad artista più maturo, riflessivo e consapevole del proprio potenziale, endemica giocosità compresa. Il vago sentore d’un cambiamento s’era già annusato con la collettiva Principio d’indeterminazione (passata su Exibart qualche mese addietro); con questa nuova personale da Abc Arte sembra che Matteo si stia spianando la strada per diventare un mid career coi fiocchi.
Acqua in bocca però con chi lo ama per i suoi famosissimi lego, (e son tanti, collezionisti in testa) ché qui rimarrà mestamente in preda ad un vuoto incolmabile ed effettivo. Ma il mood “no lego no party” è forse più che altro solo un’apparenza di fronte ad uno qualunque dei tanti Kamigami box presenti, dove è impossibile non riscontrare un family feeling fondato sulla ferrea modulazione della geometria circolare, tratto strutturale tipico del famoso mattoncino. Perché in fin dei conti Negri non rinnega nulla delle sue passate operazioni artistiche, nemmeno di fronte rispetto ad un presente creativo cresciuto semplificandosi esteticamente e complicandosi concettualmente. Tutt’ora lo si ritrova alle prese con superfici cromate specchianti e colori vistosamente carichi, utilizzati però come elementi evoluti dall’interno, da chi ha deciso giocare pesante sulla percezione totale dell’opera, quanto sul ruolo di pittura e scultura. Alla porta bussano nuovi stimoli, che predispongono l’operazione artistica ad essere operazione “possente” a livello d’interazione e percettività.
Partiamo proprio dai Kamigami box, dove l’artista adopera forme primarie e soprattutto regolari (come il cerchio o la losanga) per contenere l’irregolarità di piani forati dai tonalismi dinamici. E come cornice un acciaio specchiante che moltiplica i piani visivi, verniciato all’esterno creando una sorta di superficie isolante. Tecnicamente l’opera c’è, e ancora di più nella pulsione anti-seriale dei fori che non seguono un perimetro regolare, nelle piccole – spontanee – imperfezioni di rivestimento a vernici colorate. Il Negri di “Primo piano”, decisamente più coinvolgente del solito, passa anche da questi lavori meno direttamente installativi, da Kamigami Green Bubble, che puntando sulla sua griglia forata a sfondo bianco sembra costituire un tutt’uno con la parete su cui è appeso. Include lo spazio circostante, acchiappa l’osservatore, e nel mentre resuscita la cultura del cinetismo di una Varisco o Dadamaino. Però in versione molto personale.
La crescita di un artista si valuta pure in base alla capacità di tenere banco con la sua personale, che non perde il filo pur dedicandosi a schemi artistici eterogenei. Coerente nel valutare il rapporto di percezione/contatto con l’opera-oggetto che corre dai Kamigami all’installazione Wall, qui dove sbraitano le prospettive bidimensionali dei dipinti su alluminio PSA; da Navigator, scultura protagonista della quotidianità urbana, a Primo piano che da titolo alla mostra, struttura più che scultura da apprezzare subito per la sua irregolarità mai risolta. E mai risolvibile, un rompicapo formale dove il ferro zincato è verniciato di cromo liquido sfruttando ancora la corposità dimensionale della sfumatura, dei graffi accidentali e di una superficie a buccia d’arancia indispensabile a stimolare sentimentalmente un contatto con essa. Tutto il resto della sua complessità è dato da vetro temprato e pellicole dalle tonalità cangianti, per una scultura/installazione che si movimenta tanto con la luce esterna, quanto girandole attorno, entrandoci dentro e specchiandosi nelle sue superfici (specialmente quando ferro e vetro si sovrappongono) ricollegandosi ancora ad esperienze passate, tipo il poverismo-interattivo degli acciai specchianti di Pistoletto. Ma se l’artista è maturo sa come trattare il passato per trarne un’idea propria, su questo non c’è dubbio.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 16 novembre 2016
Dall’11 novembre 2016 all’11 gennaio 2017
Matteo Negri – Primo piano
Abc Arte
Via XX Settembre 11a – (16121) Genova
Orari: da lunedì a venerdì, ore 9.30 -18.30; sabato su appuntamento
Info: +39 010 8683884; info@abc-arte.com; www.abc-arte.com