Il percorso di
Shozo Shimamoto (Osaka, 1928; vive a Nishinomiya) si snoda nel corso degli ultimi sessant’anni. Comincia nello studio del maestro
Jiro Yoshihara e, attraverso la tappa fondamentale del Gruppo Gutai, del quale il giapponese è uno dei primi membri, tocca gallerie e musei di tutto il mondo, per arrivare alla partecipazione all’ultima Biennale: nuovo inizio di una carriera che, pur mantenendo una profonda continuità e coerenza, sa rinnovarsi a ogni occasione. Merito di una ricerca continua, dominata dal desiderio di sperimentare e di rimettersi in gioco, di mantenere un atteggiamento “nomade” nella vita e nell’arte.
La mostra è suddivisa in sezioni cronologiche. La prima presenta i lavori realizzati negli anni ‘50: opere del gruppo Gutai, action painting, environment e installazioni ambientali. Oltre alle grandi tele spicca
Prego, camminate qua sopra, un camminamento che coinvolge direttamente lo spettatore. Dagli anni ‘60 il gesto diventa fulcro dell’azione pittorica: nasce in questo periodo la tecnica del
bottle crash, tuttora in uso.
A partire dal ventennio ‘70-‘80 e per tutti gli anni ‘90, dopo lo scioglimento di Gutai, il ruolo da protagonista è rivestito dalle serigrafie della Mail Art. L’ultima sezione dedicata è al nostro momento storico, nel quale le tele sono create unicamente durante performance la cui documentazione video-fotografica diventa parte integrante dell’opera.
Caratteristica che accumuna questa lunga carriera è la libertà: materiale principale da modellare, tecnica primaria da utilizzare, concetto fondamentale da trasmettere. Il monumento alla pace di
Heiwa no Akashi a Shin Nishinomiya (1999), un’arena di cemento che Shimamoto ricolora ogni anno a patto che il Paese non sia entrato in guerra, sembra essere il manifesto del suo fare artistico. In esso, infatti, oltre alla libertà sono compresi gli altri lati dell’operare del giapponese: quello “performativo” e quello “materiale”.
L’uso della performance implica una particolare accettazione, consapevole, dell’inarrestabile forza del caso, atteggiamento che può essere compreso più facilmente alla luce della cultura orientale. Anche a Genova, in occasione dell’inaugurazione della mostra, era stato annunciato un evento che avrebbe dovuto consistere nel lancio di bottiglie da una gru in una piazza centrale della città. Negli ultimi anni, infatti, le azioni si svolgono coinvolgendo lo spazio urbano.
Nonostante Shimamoto abbia dovuto rinunciare alla gru per motivi di organizzazione, la performance è stata comunque portata a termine in un turbine di colore ed energia: il colore contenuto in bottiglie, l’energia sprigionata dal lancio casuale di esse. Il giapponese le ha sostituite al pennello: come oggetti che agiscono su altri oggetti, materia che ne trasforma altra attraverso gesto e colore perché, come dice egli stesso, “
la bellezza della materia deve sopravvivere anche alla forzatura del pannello”.