La Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra, che dal 1998 si impegna nella valorizzazione dell’arte italiana nel Regno Unito, fino al 23 giugno ospiterà la prima personale di Eva Marisaldi presso un’istituzione britannica. La mostra, curata da Pier Paolo Pancotto e inaugurata lo scorso 30 aprile, espone progetti inediti dell’artista, appositamente ideati per gli spazi del museo e nati da un confronto con le opere sperimentali dei futuristi Fortunato Depero e Ivo Pannaggi, in particolare.
Fin dal suo esordio alla fine degli anni Ottanta, l’artista bolognese si caratterizza per l’originalità delle sue composizioni visive e sonore, difficilmente catalogabili in definizioni tradizionali e connotate da un forte autobiografismo, che nasce dal suo modo di osservare la realtà e cercare di restituirla filtrata dal suo sguardo, tanto liberamente quanto si articola nei suoi pensieri. Quelle che ne derivano sono esperienze multisensoriali, micro-narrazioni al confine fra fantasia e realtà.
I progetti concepiti per l’Estorick mostrano perfettamente le modalità tecniche della poetica dell’artista, articolata su vari sistemi linguistici. Molta attenzione è data all’aspetto sonoro, su cui lo stesso Futurismo si era concentrato molto. I lavori Three Lines on Depero # 1-3 – tre guanti ricoperti da sonagli e campanellini che risuonano grazie a un hardware-software, ispirati al bozzetto dell’artista per Guanti plastici umoristi (1920) – e Radia – una specie di moquette che diffonde nell’ambiente circostante un recitato dell’autrice sul linguaggio, ispirato al progetto di Pannaggi di una “Sala per Radioaudizioni” per Casa Zampini a Esanatoglia (1225-1926) – tentano infatti di coinvolgere tutti gli spazi della galleria “in un’unica, grande installazione inafferrabile sotto l’aspetto visivo ma altamente percepibile sotto quello sonoro”, come spiega Pancotto.
Altro esempio significativo del modus operandi della Marisaldi è Senza Titolo, un pigiama fatto di vari pezzi di stoffa rosa, che ricorda quello indossato da uno dei detenuti descritti da John Steinbeck nelle cronache di guerra pubblicate nel 1943 sul “New York Herald Tribune”, in cui racconta dell’arrivo dei soldati americani a Ventotene. Su una parte del tessuto, l’artista ha voluto ricamare Paesaggio (I camini dell’Arsenale nei dintorni di Bologna), di Giorgio Morandi, poiché gli sembrava che le due opere, sebbene tanto diverse, evocassero uno scenario simile. (Lucrezia Cirri)