Co-curata con la moglie Juman Malouf, “Spitzmaus Mummy in a Coffin and other Treasures” ha aperto lunedì al Kunsthistorisches Museum di Vienna, alla presenza degli amici Tilda Swinton e Jason Schwartzman.
“Pensavamo sarebbe stato facile”, ha ammesso Anderson, parlando della sua nuova esperienza di curatore, “Ma ci sbagliavamo. Ma non ci aspettavamo di poter sbagliare per così tanto tempo”.
La mostra, in effetti, è la più grande che l’istituzione austriaca abbia mai realizzato, con la coppia di “guest curator” che ha scandagliato qualcosa come 4,5 milioni di oggetti in totale (per 5mila anni di storia) da cui sono stati estrapolati 430 pezzi, dei quali quasi la metà non erano mai stati visti prima. Antichità egiziane, greche e romane. Capolavori della pittura rinascimentale e fiamminga, gioielli del Tesoro imperiale, strumenti musicali. E pezzi provenienti dal Museo delle Carrozze e da quello di Storia Naturale. Il tutto in un flusso continuo di rimandi, rivelazioni, accostamenti inediti, allusioni, illusioni e, anche, trasgressioni e digressioni storico-critiche.
La maggior parte dei pezzi erano nascosti (alcuni senza numeri di inventario) negli angoli più bui dell’edificio del XIX secolo.
“Io e Juman Malouf non possiamo prenderci il merito del concepimento e della creazione di una qualsiasi delle opere d’arte incluse in questa mostra. Eppure nutriamo l’umile aspirazione che il modo non convenzionale in cui le abbiamo raggruppate e disposte possa in qualche modo influenzare, anche minimamente e banalmente, lo studio dell’arte e dell’antichità. Soprattutto tra le nuove generazioni”, ha scritto Wes nel catalogo.
Addio alle armi di regista? Per ora, quel che è certo, è che la mostra – realizzata in collaborazione con Prada – dal prossimo ottobre sarà negli spazi della Fondazione milanese, dove Wes Anderson ha già “curato” la progettazione e l’allestimento dell’iconico Bar Luce.