Ormai nemmeno i musei possono ritenersi al sicuro dagli attacchi informatici. Secondo quanto riportato da Artnet, degli hacker hanno si sarebbero introdotti nel sistema dell’Asian Art Museum di San Francisco, che è riuscito a limitare i danni e a reagire in tempo, contattando tempestivamente degli esperti di sicurezza e riprendendo il controllo. Ma l’incidente ha sollevato preoccupazioni circa la vulnerabilità delle istituzioni culturali in materia di sicurezza informatica. A rendere i musei delle prede appetibili potrebbe essere il loro legame con ricchi donatori ma anche, soprattutto nel caso di musei statali, il loro legame con sistemi e database ministeriali.
‹‹Sono sorpreso che altri casi di pirateria informatica non siano avvenuti in altri musei››, ha dichiarato Tyler Cohen Wood, consulente per la sicurezza informatica ed ex vice capo della Cyber Intelligence Agency. ‹‹Gli hacker sono interessati a ottenere informazioni personali, qualcosa che abbia un valore monetario››. E oltre alle informazioni personali, gli hacker potrebbero introdursi nel sistema di sicurezza dei musei, per pianificare una rapina in grande stile.
In particolare, l’Asian Art Museum di San Francisco è stato colpito da un attacco ransomware, un malware che limita gli accessi del dispositivo infettato, richiedendo un riscatto per rimuovere la limitazione. Alcune tipologie di ransomware riescono a bloccare totalmente il sistema, altri invece cifrano i file dell’utente chiedendo di pagare per riportare i file in chiaro.
Come confermato dalla ABC, il museo ha rifiutato di pagare il riscatto richiesto, in linea con la politica ufficiale delle istituzioni cittadine. ‹‹Non sappiamo chi ci abbia attaccato e non abbiamo comunicato con loro››, ha dichiarato Tim Hallman, direttore delle comunicazioni e dello sviluppo aziendale del museo, non fornendo però altri dettagli sulla natura dell’attacco o sulle tattiche utilizzate per superarlo. Durante l’attacco hacker le attività del museo sono continuate regolarmente, ‹‹Non abbiamo cancellato alcun progetto››.
Per proteggersi, ‹‹i musei, come tutte le istituzioni pubbliche e private, devono disporre di un’adeguata protezione antintrusione e malware aggiornata sui loro sistemi››, ha affermato Wood. Ma è anche fondamentale, ha spiegato, comprendere l’importanza dell’elemento umano: la maggior parte dei ransomware viene introdotta tramite phishing. Ciò significa che i musei devono tenere regolari programmi di formazione per i dipendenti, onde evitare di cliccare su collegamenti o download sospetti. Altro passo importante sarebbe conservare le informazioni più preziose sotto chiave digitale e in partizioni separate.
In alcuni casi, però, i virus informatici possono diventare delle opere d’arte. Nel lontano 2001, già vi raccontavamo del collettivo di net artisti 0100101110101101.ORG che, invitato alla Biennale di Venezia in qualità di ospite straniero del Padiglione Sloveno, in collaborazione del gruppo [epidemiC],
lanciò un virus informatico. Più recentemente, all’inizio di quest’anno, una società di sicurezza informatica
ha incaricato l’artista Guo O Dong di infettare un laptop con sei dei virus informatici più dannosi al mondo. L’opera d’arte, intitolata The Persistence of Chaos, è stata venduta nel corso di un’asta online con centinaia di offerte. Il prezzo per il laptop più pericoloso al mondo? 1,2 milioni di dollari.