La guerra contro l’OxyContin di Nan Goldin, che l’artista ricorda come quella contro l’eroina, stavolta è finita al Guggenheim.
Sabato sera più di 100 attivisti si sono infiltrati nel famoso museo aprendo quattro stendardi rosso sangue sui corridoi, che riportavano scritto in lettere nere: “400.000 MORTI”, “VERGOGNA SU SACKLER”, “200 MORTI OGNI GIORNO” e “TAKE DOWN THEIR NAME”, mentre la folla di spettatori del museo alzavo lo sguardo verso la pioggia di “prescrizioni” del farmaco in carta bianca.
“Se l’Oxycontin esce incontrollato, è altamente probabile che alla fine verrà abusato. Quanto migliorerebbe le nostre vendite?”. Il macabro calcolo, uscito in una conversazione tra il patron dell’OxyContin Robert Kaiko e il presidente di Purdue Pharma Richard Sackler, figlio del co-fondatore dell’azienda, è stato incluso nei documenti del tribunale e pubblicato il mese scorso.
E così Nan Goldin e la sua organizzazione, P.A.I.N., nata nel gennaio del 2018 per volere dell’artista dopo aver riconosciuto pubblicamente la sua lotta personale con la dipendenza da oppioidi hanno gridato: “Questo affare è simile al genocidio”.
E ancora: “È un’industria che sta criminalizzando le persone per aver sofferto e approfitta della loro morte”. Per drammatizzare i manifestanti hanno tenuto un “die-in” sul pavimento della rotonda, sdraiandosi sulla schiena tra prescrizioni sparse e confezioni di pillole.
La mission? Non solo “salvare” le vittime, ma anche per svegliare il Guggenheim e il Met (museo dove è iniziata la protesta, venerdì) e gli altri musei: rinnegare il nome di Sackler rifiutando ulteriori donazioni da loro. E dalla scalinata del Met, infatti, Nan ha dichiarato: “Siamo sui gradini di un edificio pagato da criminali. Che dovrebbero marcire in prigione vicino a El Chapo”.