Proseguono gli appuntamenti di “Shoegaze”, progetto a cura di Vasco Forconi e diviso in quattro tappe, che porteranno artisti italiani e svedesi a dialogare con l’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, inaugurato nel novembre del 1958 e decorato con mobili e accessori firmati dal grande designer, come la famosissima sedia Superleggera. Dopo la mostra di Lisa Grip (1988, Stoccolma) e Danae Valenza (1985, Adelaide), questa volta è il turno di Stefano Serretta (1987, Genova), che presenterà un progetto site specific per la grande finestra arredata, superficie di contatto tra interno ed esterno e peculiare spazio espositivo di questo progetto.
Nel secondo capitolo di “Shoegaze”, Serretta ha realizzato un’installazione ambientale svuotando lo spazio del foyer e dell’auditorium e coprendo la vetrata con fogli di carta di giornale, per sviluppare una narrazione fatta di immagini e proporre una rilettura integrale dell’ambiente. Un gesto di decodificazione che, per estensione, si può applicare ai simboli e alle informazioni che popolano la nostra quotidiana esperienza online. Spesso, nella sua ricerca, Serretta ha rivolto l’attenzione ai linguaggi e ai feticci delle ideologie politiche e religiose che hanno trovato nuove modalità di sussistenza in un presente ritenuto post-ideologico. «L’artista si è immerso a lungo nel mondo delle piattaforme di comunicazione online usate da comunità eterogenee di giovani, spesso raggruppati sotto l’etichetta di alt-right, ovvero alternative-right. Tra milioni di profili anonimi e portavoce carismatici, queste zone di internet apparentemente periferiche sono in realtà al centro di una sfrenata produzione e diffusione di immagini, mitologie, simboli e discorsi che veicolano e normalizzano un groviglio inestricabile di umorismo malvagio, nonsense, meme, scorrettezza politica, malessere economico e ansia sociale, antifemminismo e aperto razzismo. Questa infosfera scivolosa, spesso sottovalutata a causa della sua apparente innocuità, rappresenta un luogo di incubazione di discorsi e pratiche che, a partire dalle periferie di internet, si insinuano nel cuore della comunicazione politica contemporanea», ha spiegato Forconi.
È così che nasce Relapse un giornale sospeso tra finzione e verosimiglianza, le cui pagine sono popolate da personaggi ritratti in pose grottesche e in risate estreme, ai limiti del pianto, come fossero intrappolati in una sorta di allucinazione collettiva. Nel ciclo di immagini che Serretta mette in scena all’interno dell’Istituto Italiano di Cultura la cuteness e la cinica innocenza propria di molte sottoculture online si trasformano in mostruosità espressionista.
In alto: Stefano Serretta, Relapse, tecnica mista su carta, 50 x 35 cm, 2019. Courtesy l’artista