Per la seconda volta le gallerie veneziane fanno rete tra loro, e rinnovano l’appuntamento con il sabato di “Venice Galleries View”, iniziativa perfettamente riuscita che questo week end ha coinvolto gli spazi di Marina Bastianello (Massimo De Luca, a Mestre), Beatrice Burati Anderson a San Polo, Caterina Tognon a San Marco, Michela Rizzo alla Giudecca, Victoria Miro (che da qualche mese ha preso posto nella ex galleria Il Capricorno), Marignana Arte di Matilde Cadenti a Dorsoduro, Alberta Pane (a sua volta arrivata a Venezia la scorsa primavera), A plus A e Ikona Gallery.
Una tabella di marcia serrata, per noi che abbiamo visitato ogni spazio, che ha dimostrato un’organizzazione impeccabile – specialmente per addetti ai lavori e collezionisti – che si sono ritrovati alla Palazzina di Philippe Stark dopo il tour iniziato da Mestre.
Alla Massimo De Luca, infatti, ha aperto il solo show di Filippo Berta “A nostra immagine e somiglianza”, curato da Angel Moya Garcia e anticipato dalla performance dello scorso 27 gennaio.
Stavolta Berta ci conduce, tra video e fotografie, ad una riflessione sul concetto di “idolo”, al suo innalzamento al punto umano più alto possibile (in senso fisico e metaforico) attraverso l’utilizzo del simbolo occidentale per eccellenza: il Crocifisso. Una partitura che mette in scena metaforicamente, anche, il desiderio umano di raggiungere un’ipotetica perfezione divina, con risultati quantomeno alterni. Da vedere!
Così come è da scoprire anche Pierpaolo Curti, alla sua prima personale da Michela Rizzo a cura di Angela Madesani: la montagna e la “liberazione” dell’uomo dai sovraccarichi della vita, giocata in relazione con l’ambiente, in una serie di algide e metafisiche pitture, sono protagoniste di questa mostra.
Un’altra natura anche da Marignana, dove con Arthur Duff, Mariella Bettineschi, Claudia Losi, Stefano Arienti e Laura Renna, sotto la cura di Ilaria Bignotti e Federica Patti, vanno in mostra una serie di opere che condensano il rapporto tra uomo e individualità, tra cosmo e collettività, tra tende con paesaggio da attraversare, riflessioni in fotografie cucite (Renna), pietre sospese e ibridate con corde da crossfit e neon (Duff) o delicati interventi di cucito per “immagini dolcemente scultoree” (Losi).
Vuoi però per l’immersione in spazi fantastici dove la luce di Venezia fa tandem con le opere (Burati), vuoi perché trattasi di grandi artisti (Mark Wallinger da Miro, con il ciclo “Italian Lessons”), vuoi per accostamenti improbabili (le tele di Aldo Grazzi e i vetri di Cristiano Bianchin da Tognon) e la conversione de “La Ginestra” di Leopardi da Alberta Pane in una serie di opere talvolta eteree, ogni galleria porta con sé almeno una perla da non perdere. Un po’ come questa Venezia lattiginosa e fuori biennale. Che non è affatto male! (MB)