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Francesco Arena (1978) nell’ambito della seconda mostra personale, intitolata “Tre sequenze per voce sola”, allestita nei tre spazi della galleria Raffaella Cortese a Milano, suggerisce una lettura molteplice di un racconto metaforico capace di formalizzare relazioni numeriche, corrispondenze semantiche e analogie latenti, con l’obiettivo di configurare le possibilità di relazione tra spazio e tempo, monumento e cronaca, vissuti personali e la storia collettiva attraverso opere rebus cervellotiche che sarebbero piaciute a Luciano Fabbro. Dare continuità al ricordo di episodi della storia impregnati di riferimenti personali o sociali con sculture minimaliste, che richiedono allo spettatore, pazienza, attenzione e ascolto, è la sfida di Arena.
La sua predilezione di trovare corrispondenze tra sequenze numeriche e la coscienza storica di ognuno di noi in rapporto al tempo, si materializza con sculture euclidee di materiali diversi, contenenti riflessioni filosofiche, esperienze personali in tensione tra passato e presente. Il titolo della sua mostra personale, rimanda a quello “Sequenze” per voce composta da Luciano Berio, ed è suddivisa in tre opere distinte, le quali comprendono altrettanti racconti, ognuno declinato in maniera diversa. In via Stradella 7, nello spazio ipogeo, altera la percezione dello spazio Angolo Scontento (Hommage à la mort de Sigmund Freud) una scultura in rame opaco all’esterno e specchiante all’interno, a forma triangolare, cava, sospesa da terra, che perimetra uno spazio e ospita una persona seduta, nata nello stesso anno della morte di Freud (1939), disposta al centro per raccontare se stessa e il suo vissuto. Chissà forse si tratta di una simulazione di seduta analitica però senza lo psicoanalista, in ogni caso sono da osservare gli effetti di riflessione tra dentro e fuori che la scultura in rame genera. Nel triangolo si configura uno spazio di riflessione, dove concettualmente si annulla la distanza temporale tra il passato e il presente, in cui una vita prende forma quando muore Freud nel 1939.
Francesco Arena, Tre sequenze per voce sola, vista della mostra
La scultura cambia nel tempo, come l’età del performer e anche la distanza tra il presente e l’anno di morte del padre dell’inconscio, fino a quando l’opera non potrà più essere abitata. In via Stradella 4, si inscena una installazione sonora su una bobina di nastro magnetico, dal titolo Linea finita (orizzonte Gianluigi), in cui l’aspetto matematico e la ricerca di una formula geometrica per calcolare la massima distanza tra l’osservatore e l’orizzonte che sta osservando, è la chiave d’interpretazione dell’opera da ascoltare più che vedere. Sulla bobina di nastro magnetico per registrazione audio lunga quanto la distanza tra l’osservatore e il suo orizzonte è stata registrata la storia davvero commovente di Gianluigi Trevisi, in cui il suo punto di osservazione è di 168 cm di altezza, che determina una bobina di 4.630 metri contenente un tempo di circa 6 ore, 46, minuti e 8 secondi di registrazione audio, che però nessuno si prende il tempo di ascoltare, come una possibilità di configurare una compenetrazione tra tempo e distanza, ritratto e autoritratto, storia e memoria. In via Stradella 1, si assiste al terzo atto della mostra, e qui si trova l’opera Marmo con 3274 giorni più commovente, poetica, immediata nella sua capacità di comunicare allo spettatore l’orrore della morte di Stefano Cucchi. In quell’unico pezzo di marmo posto al centro della galleria, su un piano rialzato in cui pesa la memoria di celare una verità terrificante, scavato da un lato dove sono state inserite agende di diverse grandezze e fogli corrispondenti ai giorni che vanno dal 23 ottobre 2009 al 10 ottobre 2018, corrispondenti rispettivamente al giorno della diffusione mediatica dell’assurdo decesso di Stefano Cucchi e quello della testimonianza che incrimina i carabinieri che hanno provocato la sua morte, una vicenda ancora avvolta dal mistero sulla modalità dei fatti, in cui tutti tacciono e pochi si prendono la responsabilità di raccontare ciò che è realmente avvenuto. Per 3274 giorni i componenti dell’Arma e anche delle autorità competenti hanno omesso la verità, negato fatti evidenti impressi sulla pelle e sul corpo di Stefano Cucchi, segni inconfutabili di una morte innaturale dell’ennesima vittima di abusi di potere. Francesco Arena, dal 2013, anno in cui ha partecipato al Padiglione Italia nella 55° Biennale di Venezia a cura di Bartolemeo Pietromarchi, ad oggi,rivela una coerenza nella sua ricerca artistica concettuale in cui l’interdipendenza tra essere- tempo, spazio e storia con il “qui e ora” si fa segno , racchiuse dentro a soluzioni formali plurime, che incidono nella nostra memoria capaci di generare cortocircuiti celebrali ed emotivi insieme.
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata il 4 di aprile
Dal 13 marzo al 24 aprile 2019
Francesco Arena, Tre Sequenze Per Una Voce Sola
Via Alessandro Stradella 7-1-4, 20129 Milano
Info: galleria@raffaellacortese.com