02 agosto 2016

Bologna. Stesso giorno, stessa storia

 
Sono passati 36 anni da quel 2 agosto 1980, giorno in cui alla stazione di Bologna gremita per le vacanze morirono 85 persone, investite dallo scoppio di una valigia-bomba, lasciata in quella che era la sala d'aspetto di seconda classe. E che ad oggi non ha ancora un mandante

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Per la strage di Bologna furono condannati gli ex terroristi neofascisti (appartenenti ai Nar) Valerio Fioravanti e Francesca Mambro: erano loro, all’atto pratico, gli esecutori del massacro alla stazione. La valigia che deflagrò, piena di tritolo, alle 10.25, fu portata invece sul luogo da tale Luigi Ciavardini, anche lui ex terrorista nero. Da anni queste persone i cui nomi sono sconosciuti alle più giovani generazioni sono in libertà, o in libertà vigilata. 
Chi ha però architettato, a monte, il delitto, ancora non si sa. E probabilmente non si saprà oggi, e forse non si saprà mai. Sepolto tra gli omissis della Repubblica, non importa più se la prima, la seconda, la terza o qualsiasi. Così come Ustica, lo stesso anno, poche settimane prima, la strage di Bologna resta un mistero italiano che oggi però si può “fregiare” di un’accusa reale: il reato di depistaggio, diventato legge 23 anni dopo l’appello di Torquato Secci, il primo presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, che entrerà effettivamente in vigore da oggi.
Bella consolazione, tra piste palestinesi archiviate riemerse e un “rimborso” per i famigliari di 2 miliardi e rotti che dovrebbero risarcire Mambro e Fioravanti. Come se fosse possibile. 
Nel frattempo gli stessi famigliari, forse la vera memoria storica, hanno depositato in Procura migliaia di pagine di atti giudiziari di processi per fatti di strage e terrorismo avvenuti dal 1974 ad oggi, che però pare non siano ancora state prese in esame. Qualcosa, insomma, non si muove. Tutto potrebbe sembrare sulla via del disgelo, ma l’unica emblematica immagine che l’arte ci riporta alla mente è quella di Emilio Isgrò e della sua “Ora italiana”: una serie di orologi che ticchettano in una stanza, con una luce che via via si fa più intensa all’aumentare sonoro e sincopato dei battiti, fino alla fine. All’esplosione, all’accecamento della storia che ancora non ci permette di vedere. Di nuovo auguri, Bologna. (MB)

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