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31
marzo 2016
Carlo Gabardini, su Vanity Fair, ha scritto “Gianmaria era un uomo intero e rassicurante che ti guardava dritto negli occhi anche quando ti parlava al telefono; lo sapevi, lo sentivi, ne eri certo”. Il ricordo, oggi, è tutto per lui. Per il cantautore degli ultimi, ma non l’ultimo dei cantautori, visto che l’ha ricordato anche il Ministro Dario Franceschini, in una nota: “Il Paese e il mondo della musica perdono uno straordinario cantautore che attraverso le sue canzoni, ha raccontato con estrema delicatezza e poesia la sua terra e l’universo dei migranti”.
Già, perché forse oggi come non mai, ci sarebbe bisogno di un Giamaria Testa (57 anni, nato in provincia di Cuneo, dove aveva fatto il ferroviere e il capostazione) che cantava “Da questa parte del mare” e “Men at work”, giusto per citare i titoli di due album dedicati alla condizione umana, alla dignità e alla disperazione che cerca rifugio.
Un successo piccolo piccolo non è stato, visto che più volte l’Olympia di Parigi l’aveva chiamato sul suo palco, e poi anche Erri De Luca, Paolo Rossi, Gabriele Mirabassi, Giuseppe Battiston, Michele Serra lo avevano conosciuto, stimato, amato, e oggi lo ricordano. Eppure il cantautore difficilmente si esponeva, anche se aveva raccontato pubblicamente della sua malattia, un tumore al cervello, proprio a Michele Serra, la scorsa estate, per fugare le false notizie sul suo presunto stato di salute e la sua assenza.
Un professionista, un appassionato, forse anche un po’ naif, ma di certo attento e autentico. E non meno meritevole di essere ricordato, seppur lontano dai riflettori o dai media di ogni genere, per non dire generalisti. (MB)