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06
febbraio 2017
Aveva twittato così, una settimana fa, Donald Trump: “Che fine fa il nostro Paese quando un giudice può bloccare un bando sui viaggi deciso per la Sicurezza Interna e chiunque, anche con cattive intenzioni, può entrare negli Usa?” e ancora: “Il giudice apre il nostro Paese a potenziali terroristi e ad altri che non hanno a cuore i nostri migliori interessi. Le cattive persone sono molto felici!”.
L’arringa era contro il Tribunale di Seattle, che aveva deciso di bloccare il “Travel Ban” scattato nei confronti dei cittadini di sette Paesi (Iran, Siria, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen e Libia), lo scorso 27 gennaio. Quel che c’è di un poco paradossole, è che tra i “bannati” ora è corsa al biglietto aereo, con la paura che il provvedimento sia destinato a tornare. Già, perché visto che in appello il ricorso del Dipartimento della Giustizia non è passato, è molto probabile che dalla Casa Bianca arriveranno nuovi argomenti sul tema, ribloccando i flussi.
Ma gli Stati Uniti nonostante Trump, e questa forse è la buona notizia, non stanno perdendo il loro appeal – specialmente perché la “globalizzazione”, come ben sappiamo, continua a passare da qui.
E allora l’Iran rilascerà i visti alla squadra wrestling americana in modo che possa partecipare alla Freestyle World Cup a Kermanshah, così come dall’Egitto in tanti sono pronti a rivolare su suolo a stelle e strisce.
Finendola con la paura e la discriminazione. Almeno per le prossime ore. (MB)