11 marzo 2015

Che dolore la donazione!

 
I padiglioni nazionali della Biennale ormai sono al completo, a parte l'Italia. E gli amici americani oggi tirano un nuovo schiaffo morale al Belpaese. O almeno alla sua (non) gestione del contemporaneo

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Speriamo che vi siano novità nei prossimi giorni, se non nelle prossime ore, visto che all’opening dalla 56esima Biennale di Venezia mancano poco meno di 2 mesi. A quali news ci riferiamo? A quelle inerenti all’ormai unico Padiglione mancante nel puzzle delle partecipazioni nazionali: il nostro, l’Italia. Per sapere come è composto, oltre i nomi che vi abbiano anticipato: Paladino, Biasucci, Arcangeli e Marco Samorì, bisogna attendere il 26 marzo, data della conferenza stampa indetta dal curatore Vincenzo Trione
Ieri anche Singapore ha annunciato il suo artista, Charles Lim, segno che anche Paesi ben lontani dal dover far bella figura in laguna ce la mettono tutta per riuscirci in tempo.
Noi siamo ben lungi anche dall’avere sostegno economico verso i nostri, e come vi abbiamo recentemente raccontato Vincenzo Trione ha chiesto aiuto economico al Comitato delle Fondazioni per l’Arte Contemporanea del Belpaese ricevendo un due di picche. Ora, un altro schiaffo all’Italia arriva da un Paese che tutti sentiamo “vicino” a noi: gli Stati Uniti. 
È infatti notizia di queste ore che la Helen Frankenthaler Foundation abbia impegnato qualcosa come 200mila dollari per il Padiglione USA che quest’anno schiera (come sappiamo da molto tempo) la grande Joan Jonas, recentemente vista nella splendida retrospettiva milanese all’HangarBicocca. 
La Jonas creerà nuovi lavori per i cinque ambienti del padiglione ai Giardini, trasformandoli in uno “spazio immersivo dinamico”.
Cosa farà o meno Joan Jonas ora è del tutto indifferente; quello che invece fa la differenza è che l’Italia continua a dimostrare di prendere sotto gamba, per usare un eufemismo, un’occasione come la Biennale per dimostrare il proprio valore. Chi metterebbe del denaro a queste condizioni, e soprattutto perché dovrebbe? Continuiamo così, e poi non lamentiamoci, però, che i curatori internazionali hanno una considerazione dei nostri artisti che vale meno del 3 per cento. (MB)

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