16 gennaio 2015

Chi ha paura della critica?

 
L’affascinante figura del curatore sembra essere ormai tramontata, nei mestieri alla moda dell’arte. Quindi, per contrappasso, il critico d’arte è morto. Soprattutto se ora la lettura dell’opera può farla un software. O no?

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É l’ora degli scongiuri. Perché se già il mondo dell’arte è in crisi, con una maggioranza di lavoratori – anche ben preparati – non retribuiti, o con compensi da fame, da oggi c’è un nemico in più: un software in grado di fare “critica”. La notizia è tra il serio e il faceto, ma fino a un certo punto: il giovane artista Matthew Plummer-Fernandez, origini colombiane ma natali a Londra nel 1982, ha ideato “Novice Art Blogger”, ovvero un tumblr (un sito internet basico, dove è possibile inserire da sé testi e immagini) in grado di “leggere” opere d’arte. E mica roba da nulla, visto che tra gli esperimenti c’è anche la dissertazione di un pezzo di Frank Auerbach. Cosa accade, insomma? Che inserendo un’immagine il programma legge forme e colori, e scrive in maniera libera e un po’ sgrammaticata alcune brevi “impressioni”. Nulla di esplosivo, ovviamente, ma voli pindarici sconnessi sui “sentimenti” che il “Novizio scrittore d’arte” prova osservando l’arte. 
E adesso? E adesso sono cavoli amari, perché se già alcune professioni sono state sempre, ingenuamente e ignorantemente, tacciate di promuovere “aria fritta”, quando andava bene, se ora ci si mette pure un pc che i non addetti ai lavori potrebbero reputare intelligente, se non tanto almeno quanto un essere umano, la storia è finita.
E se poi ci si mettono pure i media a scrivere e a raccontare che queste recensioni “liriche” somigliano molto ai pezzi “fumosi e vaghi, fatti di metafore e similitudini poco comprensibili” scritti dai critici di professione qualcosa allora non torna. 
Non torna prima di tutto, come spesso accade di osservare, il rispetto per una professione che si costruisce in anni e anni e ancora anni di allenamento, di letture, di visioni, di incontri, di parole, di esperienze. Anni ben più lunghi di una laurea in medicina o in giurisprudenza. Ma questo, contrariamente a quello che il mondo può dire dell’arte, non si può dire: perché la giurisdizione e la medicina sono discipline fatte di commi e regole rigide, imposte e accettate quasi universalmente. L’arte, come spesso abbiamo ribadito, può essere vista da tutti, col risultato che ognuno si sente libero di giudicarla. E l’arte non ha albi di iscrizione, non ha padroni – se non l’unico padrone che governa il mondo, il denaro – e dunque può essere (si pensa che possa essere) tacciata di inutilità, piaggeria, “aria fritta”. 
Il sito di Plummer-Fernandez è certamente un esperimento, ma quel che l’opinione pubblica può costruire intorno ad esso può essere profondamente sbagliato, specie se fomentato nella perpetua ironia di cui si rivestono le questioni di oggi. E così, anche questo giro, tornano alla mente le dissertazioni sull’arte da Settimana Enigmistica, dove spesso il pittore “astratto” veniva sfottuto in ironiche vignette: una situazione “culturale” molto italiana, che Guido Guerzoni aveva descritto perfettamente nel suo saggio in catalogo alla mostra “Italics” di Francesco Bonami a Palazzo Grassi, qualche anno fa. Quel che consola è che i veri critici non avranno di certo da temere da questa applicazione, e un computer non potrà mai essere un vero critico. In barba ai discorsi “fumosi”. Che nessuno è obbligato a leggere o a conoscere, e dunque nemmeno a criticare! (MB)

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