Categorie: Il fatto

Ci risiamo!

di - 8 Marzo 2017
Se non avete nulla da temere, state tranquilli. In effetti, la storia, è sempre così. Eppure l’ennesima “fuga” di documenti dalla CIA, girati a Wikileaks, l’organizzazione di Julian Assange, potrebbe scatenare di nuovo l’idea di una “guerra fredda” 2.0.
Come avrebbe fatto il motore della Cyber Intelligence Americana ad aggirare le protezioni di smartphone e simili? Semplice: le avrebbe “contraffatte” ancora prima della messa in commercio dei dispositivi.
“Queste tecniche permettono alla Cia di aggirare la cifratura di WhatsApp, Signal, Telegram, Wiebo, Confide e Cloackman hackerando gli smartphone e raccogliendo audio e messaggi prima che sia applicata la cifratura”, riporta nei documenti la “società” di Assange.
La pubblicazione, non ancora avvenuta, riguardebbe oltre 8mila presunti documenti sulle cyberarmi dell’agenzia americana, che mostrerebbero le capacità cyber degli 007 a stelle e strisce, mettendo nell’ombra la potenza della NSA, Agenzia di sicurezza nazionale, che avrebbe invece tra i suoi doveri non solo il raccogliere informazioni, ma anche tutelarne la fuoriuscita. Secondo Wikileaks la CIA avrebbe perso il controllo sulla “maggioranza del suo arsenale di attacchi informatici” ovvero le possibilità di raccogliere dati, e non solo la documentazione. In poche parole: non le carte, ma i metodi per risalirvi.
“Alla fine del 2016, la divisione di attacchi informatici della CIA (…) produceva più di un migliaio di sistemi di hacking, trojan, virus e altri malware “armati” (…) La Cia ha creato, in pratica, la sua “propria Nsa” con meno obblighi di trasparenza e senza dover giustificare pubblicamente la necessità di duplicare le capacità della agenzia rivale, spendendo grandi quantità di denaro”, riporta Wikileaks, citato da La Stampa.
E allora? E allora è molto semplice: una pessima figura per la CIA, colpevole di non aver rispettato il proprio ruolo e di aver venduto anche i segreti; una gatta da pelare per la NSA, messa al palo, e l’idea non tanto di non essere “al sicuro”, ma costantemente ascoltati in ogni dispositivo a cui affidiamo le nostre voci e le nostre parole. E per qualcuno può essere più che un impiccio. (MB)

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