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Ahi ahi, questo “nuovo” concorso pubblico che arriva a 9 anni dall’ultimo, per 500 posti a tempo indeterminato al Mibact. Chi è contro il “pubblico” parla dei posti statali come un’assicurazione a vita, chi invece nel pubblico ci sta da anni, predicando una tutela dei lavoratori, la vede da un altro punto di vista.
“Questi 500 posti arrivano in barba a chi all’amministrazione pubblica ha dato una vita prestando onorato servizio con grande senso dello Stato. Infatti i tanti idonei delle riqualificazioni precedenti, per gli stessi profili per cui
sono stati banditi questi concorsi, almeno al momento, non potranno sperare di vedersi “promossi”, si vedono così negati il premio di una vita spesa al servizio delle istituzioni”, scrive il Segretario Nazionale della Confsal-Unsal Giuseppe Urbino.
Pare infatti che, nel concorsone, non vi siano spazi per revisioni di contratti o simili, ma solo l’introduzione tramite le prove di posti ex-novo.
“Il ministro della cultura Dario Franceschini, passando su tutto e su tutti, ha voluto dar vita a questa operazione mediatica sbandierando il fatto che il ministero torna ad assumere per concorso”, scrive il capo dei sindacati dei Beni Culturali, e aggiunge una domanda alla quale, quantomeno, il Mibact dovrebbe dare una risposta: Quanto costerà espletare le pratiche per questi 500 posti messi a bando? La risposta, sempre secondo la Confsal, è la seguente: “Sicuramente una spesa eccessiva e superiore a quella che avrebbe comportato lo scorrimento delle graduatorie con idonei degli stessi concorsi, funzionari pubblici già con grande esperienza e subito disponibili”.
Insomma, la spesa pubblica da tagliare, in questo caso, non si vede proprio all’orizzonte. Quel che invece è ben chiaro è una delle prossime guerre che il settore pubblico si prepara a combattere contro il suo stesso Ministero: “I dipendenti questa volta non ci stanno e presto si apriranno le aule di diversi tribunali”. Aggiornamenti in corso, curiosi di sentire una voce “dall’alto”. (MB)