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Il dito nella piaga lo mette ancora una volta il Guardian, in un articolo di Jonathan Jones. L’oggetto? I controlli ai musei. Quante volte è capitato, da un capo all’altro del mondo, di dover passare borse su metal detector, aprire zaini per un’ispezione sommaria?
Davvero i terroristi si sconfiggono con queste piccole accortezze? Non scherziamo: “aggressivi, perversi e offensivi: ecco come sono i controlli di sicurezza nei musei di Londra”, scrive Jones senza mezzi termini.
D’accordo i “tempi spaventosi” in cui viviamo, ma tutte queste pratiche risultano, da un’istituzione all’altra, ostentate e risibili.
Jones, dopo accurate indagini, elenca chi nella borsa scorge solo la tasca principale, chi maneggia il contenuto senza troppa cura, chi addirittura domanda se si portano con sé oggetti taglienti.
Nessuno, insomma, pensa che questa possa essere una buona soluzione, altrimenti bisognerebbe operare come accade negli aeroporti.
“Uno spreco di tempo inefficace” continua Jones, che non ha fermato gli attentatori del museo del Bardo di Tunisi, e che non controlla nulla approfonditamente.
Il risultato? Che chiunque, in fondo, può entrare nel museo con quello che vuole, e che nelle borse dei visitatori nulla si troverà mai che bottigliette d’acqua e macchine fotografiche. E allora? E allora, in tutti i casi, si alimenta il terrore del terrore, attività di cui – lasciatecelo dire – non avremmo proprio bisogno. E invece la paura cresce. (MB)