Categorie: Il fatto

Diagnosi per Palmira

di - 29 Marzo 2016
Il responsabile delle Antichità siriane, Maamoun Abdulkarim, ha stimato il tempo: cinque anni di interventi per rimettere mano laddove nemmeno un anno di occupazione jihadista ha lasciato il segno. Eppure, l’uomo, ha lasciato buone speranze dichiarando che, in fin dei conti, poteva andare peggio. Sì, perché Palmira, il sito archeologico siriano diventato simbolo della distruzione del fondamentalismo islamico, poteva essere completamente distrutta.
Certo, il conservatore Khaled Assad, che si è immolato alla causa venendo ucciso dai terroristi, insieme a una serie infinita di soldati siriani, non ce lo ridarà nessuno, ma forse il Grande Tempio di Bel, fatto saltare con il tritolo, o quello di Baal Shamin, le torri funerarie romane, e l’arco di Trionfo sì, mentre paiono intatte l’Agorà, il teatro romano, le mura delle città. E se Franceschini tronfio, come vi abbiamo raccontato, ha già pronti i caschi blu della cultura da spedire, mentre il presidente siriano Bashar al Assad ha cantato vittoria insieme a Putin. Benissimo, stupendo, era ora. Ma ora davvero Palmira troverà la sua nuova vita, lontana da speculazioni varie ed eventuali? O restauri qualunquisti? Certamente l’attenzione mediatica, se continuerà, potrà servire come occhio imparziale e vigilante, nonostante la presenza di task force internazionali e Unesco. Ma quanto potrà durare il futuro di Palmira, se non si risolleveranno le questioni di intere aree geografiche? (MB)

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