05 settembre 2015

Dimenticare Palmira

 
Nel caos migranti di questi giorni, tra politici che si sfidano ad una fantomatica accoglienza e le odissee a piedi dei rifugiati, ecco che l'attenzione alla Siria dei Beni Culturali cala. E si annunciano nuove perdite

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Il problema, se non ve ne siete già accorti, è politico e non umanitario. La storia dei profughi in fuga a piedi, sui treni, da Budapest alle coste italiane, dove anche nella giornata di ieri ne sono sbarcati più di mille e 500, sta ridisegnando le politiche sociali d’Europa, creando nuove alleanze, allontanando territori confinanti. Sta facendo aumentare a dismisura il “commercio” dell’illegalità e ci distoglie anche da quei “problemi” che parevano fondamentali fino a pochi giorni fa. 
Prendiamo i tesori di Palmira, per esempio: ieri, dopo dieci giorni, è arrivata la notizia che tre tombe verticali (Jamblique, Elhbel e Kithot, antiche di oltre 2mila anni) sono state fatte saltare in aria in un’operazione sincopata per mettere la parola fine a tutto quello di storico-archeologico a Palmira è rimasto. E cioè tutto, diciamo. 
L’allarme è stato lanciato dallo storico e archeologo Maamoun Abdulkarim, che ha confermato la distruzione anche con la testimonianza delle immagine del satellite, la stessa sonda che ha rilevato le macerie del tempio di Bel.
Ora, l’annosa questione, pare addirittura un’altra. Forse un giorno riusciremo a recuperare tutta la meraviglia di queste città-rovine, ricostruendole come un parco giochi (è il minimo che ci si possa augurare, no?) ma che cosa si fa nel frattempo?
A Milano, ad Expo, un mese e una manciata di giorni fa il grido per la Siria e gli altri territori minacciati dall’Isis è stato un “Fate presto!”. Un coro globale di Ministri e addetti alla cultura, in interventi “a stampino”, lunghi non più di due minuti l’uno. 
Ora l’intervento “vero” è quello di Abdulkarim, collega dello storico Khaled al-Assad, decapitato poche settimane fa: «Abbiamo perso ogni speranza verso la “resistenza” della comunità internazionale nei nostri confronti e nell’attenzione a Palmira; abbiamo perso la speranza di un movimento internazionale per salvare la città. Questa è una guerra contro i selvaggi della cultura e tutti si dovrebbero unire. Ma questo è anche l’inizio della perdita completa di Palmira». Sappiatelo. (MB)

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