Ci risiamo. Per la seconda volta la “giustizia” brasiliana è accusata di tappare la bocca, e la comunicazione, tra qualcosa come 100 milioni di persone. Dalle 19 di ieri sera ora italiana, e per i prossimi tre giorni, il colosso della messaggistica istantanea WhatsApp sarà oscurato nel Paese latino. La colpa? Non è un collaboratore di giustizia.
Già , perché ci sarebbe il fiorente traffico di droga rimasto criptato dalla “segretezza” delle chat tra i motivi della richiesta del giudice Marcel Montavao, di bloccare il servizio.
Le cinque compagnie (TIM, Oi, Vivo, Claro e Nextel) hanno ricevuto il provvedimento e hanno annunciato l’intenzione di rispettarlo, anche perché in caso contrario vi sarebbero qualcosa come 150mila euro di multa al giorno. Quel che è vero, diciamolo, è che una multa di tale cifra a una compagnia telefonica nazionale è un po’ come spillare un pelo da un gatto, ed è altresì vero che è impossibile credere che, per questioni di “riservatezza”, non si possano indagare tabulati telefonici di varia natura. Che WhatsApp sia una droga lo sappiamo piuttosto bene, ma che aiuti i narcotrafficanti…beh, lo farà come molte altre forme di comunicazione, no? C’è da dire, poi, che Montalvao è lo stesso magistrato che, in marzo, fece arrestare il vicepresidente di Facebook per l’America Latina, Diego Dzodan. Non ci sarà qualcosina di più profondo sotto, oltre al gusto di togliere, seppur per poco, la possibilità al 93 per cento di chi ha una connessione web in Brasile di messaggiarsi?
Mister Mark Zuckerberg, che avevi commentato la decisione dei mesi scorsi con “è un giorno triste in Brasile”, perché non fai qualcosa? O 150mila euro di multa sono troppi anche per chi ha un patrimonio dichiarato di 47,8 miliardi di dollari? (MB)