19 dicembre 2016

Fate ammenda

 
All'Assemblea del PD Matteo Renzi ammette la sconfitta, e attacca i 5 Stelle. Che a Roma, ancora una volta, sembrano sconfiggere la città

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Meno male che Roma è eterna, anche se ce la stanno mettendo davvero tutta per raderla al suolo. L’impegno, infatti, sembra partire dall’alto, dove in queste ore si consumano gli ultimi scandali legati alla figura della Sindaco Virginia Raggi e delle sue braccia destre e sinistre, in storie di riunioni segrete, e di un vertice del Municipio che appare come una scatola vuota, con la Capitale d’Italia tenuta in scacco da un gruppo di persone che stanno sulle dita di una mano. Lo ha raccontato bene il Magistrato Carla Raineri, per 32 giorni capo di gabinetto in Campidoglio e poi allontanata insieme a Minenna, sulle pagine di Repubblica. Un quadretto, insomma, da “Mani sulla città”, di Francesco Rosi, evergreen del cinema tirato fuori proprio da Ranieri per esemplificare il clima.
Cosa succederà è di nuovo presto per dirlo, ma è evidente che mai e poi mai – da anni – l’Amministrazione Comunale di Roma sembra essere più sgangherata, sfilacciata, strafatta. Un po’ come il PD renziano, che fa i conti con una sonora sberla che è diventata un voto politico e non di referendum, e che la dice lunga su un Paese che – e lo ripetiamo da parecchio, quasi come un mantra – è a sua volta fratturato scompostamente.
E mentre attacca il Movimento 5 Stelle, con l’accusa di essere “un’azienda privata” è lo stesso capo dei 5 Stelle, Beppe Grillo, ad attaccare la Raggi, ad ammonire la condotta ai vertici di Roma. 
E Renzi torna sui suoi cavalli di battaglia: “La politica non è l’indicazione delle cose che non vanno, l’urlo di chi dice No e non propone un’alternativa. Se si fa così politica, il Paese non va da nessuna parte, si blocca il Paese. Se per bloccare la corruzione si bloccano le Olimpiadi, si blocca la propria città. E forse per bloccare la corruzione bisognerebbe scegliere meglio i collaboratori”, ha commentato l’ex premier in riferimento a Virginia Raggi.
Da una parte all’altra insomma, quel che si muove sembra nuotare nello stesso fango lasciato dai padri e dai nonni. Dei Cinquestelle, del PD renzista, di Forza Italia, della Lega. Di tutta l’erba un fascio? Sembrerebbe così, almeno per ora. Vedremo se e quanto serviranno le ammende; nel cambiare i toni e nel convincere più di mezzo Paese a ritrovare fiducia, dal basso all’alto. (MB)

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