«Bisogna azzerare le zone grigie, quelle della complicità, che sono il terreno di coltura di tante trame corruttive»: è la frase forse più emblematica, pronunciata in occasione della giornata contro le Mafie lanciata da Libera, che ha visto a Locri – in provincia di Reggio Calabria – dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il capo di Stato, forse qualcuno lo dimentica, è fratello del fu Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Sicilia fino al 1980, quando fu ammazzato da Cosa Nostra perché non prese le difese dell’Assessorato all’Agricoltura siciliano, denunciato dal deputato Pio La Torre come centro della corruzione regionale, e additando l’assessore dell’epoca, Giuseppe Aleppo, come colluso alla delinquenza regionale. Mattarella ne riconobbe le colpe, anziché prenderne le difese.
Da questa lucidità, e dalla voglia di non insabbiare, bisognerebbe ripartire: Roberto Saviano, nel descrivere le varie tipologie di mafie, ha definito la ‘ndrangheta di Locri come silenziosa, amante dell’invisibilità.
Probabilmente ogni mafia, anche la più ostentata, ha bisogno invece di quel silenzio per insinuarsi, di quella voce sussurrata, della necessità di essere trasparente. Come una qualsiasi normale e comune attività.
Sta alle possibilità dello sguardo, forse prima ancora della coscienza, la ribellione. Sarebbe necessario non assuefarsi, come non si è lasciata assuefare la popolazione di Locri, che nel 2005 dopo l’omicidio del vicepresidente della Regione Calabria Francesco Fortugno, si era mossa in blocco creando il movimento “Ammazzateci tutti”. Oggi, a Locri, pare vada meglio e che la gente abbia capito anche la “convenienza” di vivere nella legalità. Ma «La lotta alla Mafia riguarda tutti», come ricorda Mattarella, anche noi, nel nostro piccolissimo. Nelle parole, nella chiarezza, nel racconto della verità. E tutti coloro che la cercano, insieme a una giustizia. (MB)